In questi giorni, fino al 21 giugno, le Scuderie del Quirinale offriranno la possibilità di conoscere ed approfondire uno dei grandi della storia della pittura: Henri Matisse. Con opere provenienti da vari musei di tutto il globo la mostra “Matisse arabesque” si propone di raccontare i rapporti del maestro con l’arte orientale.
Dopo l’expo del ‘900 di Parigi, furono molti gli artisti francesi affascinati dai padiglioni del medioriente. Già nel 1906 Matisse tornò da Biskra (Algeria) con la convinzione che sarebbero serviti anni per assimilare tutte le nuove idee che la tavolozza europea ormai vecchia non poteva mettere in pratica. Cinque anni dopo partirà per il Marocco. Furono quelle visite ad amplificare il senso della decorazione del pittore e la sua passione per le stoffe, quelle stesse che compariranno in molte delle sue opere. Dall’oriente trasse nuovi colori: il verde chiaro, il verderame, e l’azzurro. Il percorso espositivo alterna quindi le opere del francese alle ceramiche mediorientali, i teli, i kimoni, e le stampe giapponesi (Matisse ne ricavò grande piacere oltre che una lezione di armonia e purezza.) che in un certo senso racchiudono la semplificata visione occidentale che allora si ebbe dell’oriente nelle sue varie sfumature.
Un momento storico molto affascinante in cui le differenze non comportavano necessariamente ostilità; fu quel residuo di orientalismo in cui l’arte studiò i percorsi del nordafrica, asia e giappone raggiungendo una contemperanza tra i diversi sguardi.
Nelle novanta opere esposte (tra cui, capolavori come: Ragazza con copricapo persiano, I Pesci rossi, Paravento moresco, Zorah sulla terrazza, Ritratto di Yvonne Landsberg) si ha la visione chiara della novità. Gli ornamenti sono sullo stesso piano dei personaggi e proprio questa nuova rappresentazione permette all’artista il superamento della pittura ottocentesca, la scoperta di una spazialità nuova. Con lentezza e grande perseveranza colse il segreto della sua arte che consisteva nel meditare in contatto con la natura per esprimere un sogno sempre ispirato alla realtà.
Molti non sanno che il giovane Henri non fu immediatamente dotato e probabilmente fu grazie alla sua cagionevolezza che il ragazzo si dedicò alle arti figurative. Durante una degenza infatti il giovane ricevette in regalo dalla madre una scatola di colori.
Nato il 31 dicembre 1869 a Le Cateau-Cambrésis (Nord-Pas-de-Calais), figlio di commercianti di sementi, crebbe a Bohain-en-Vermandois, nella Francia Nord-orientale. Già nel 1887 si trasferì a Parigi. Allievo di Moreau e successivamente amico di Picasso affermò, in una intervista, che i suoi sforzi furono indirizzati verso la ricerca della semplicità: “Mi sono sempre sforzato di essere più semplice ma la massima semplicità coincide con la massima pienezza. Il mezzo più semplice, libera al massimo della chiarezza lo sguardo della visione e alla lunga, solo il mezzo più semplice è convincente. Ma da sempre c’è voluto coraggio per essere semplici. Credo che non ci sia niente al mondo di più difficile. Chi lavora con mezzi semplici non deve aver paura di diventare apparentemente banale”. In poco tempo Henri Matisse divenne uno degli artisti più noti ma quando gli chiesero quale fu il suo momento più felice rispose: Al principio, quando ero solo, amavo i miei quadri come una madre ama i suoi figli tristi…