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Il Corriere della Sera e non solo. Ecco come se la passano (male) i giornali cartacei

“Morte quotidiana”. Sarebbe potuto essere questo il sottotitolo del 12° rapporto Censis/Ucsi sulla comu­nicazione, moni­to­rag­gio e misurazione dei con­sumi dei media, presentato la scorsa settimana a Roma che ana­lizza le tra­sfor­ma­zioni avve­nute nelle diete media­ti­che degli italiani.

LA CRISI DELLA CARTA STAMPATA

Il perché di questa definizione così poco edificante è presto detto: il press risulta essere l’elemento più dirompente nell’evoluzione misurata dal Censis e riguarda non solo la carta stampata ma anche l’informazione online. Andando nel dettaglio, i lettori dei quotidiani hanno subito un calo del 25,1% e quelli della free press toccano la soglia dello zero – conseguenza del crollo della raccolta pubblicitaria -, mentre il dato più preoccupante è che persino i quotidiani online, nel medio periodo, non siano riusciti a intercettare la pluralità di bisogni degli utenti. Perché se è vero, come rileva DataMediaHub, che i media digitali durante la crisi hanno assunto una funzione anticiclica, di questo i quotidiani ne hanno beneficiato poco e nulla.

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INFORMAZIONE: TREND DIFFERENTI TRA GIOVANI E ANZIANI

In linea di massima, le prime cinque fonti usate dagli italiani per informarsi sono i telegiornali (76,5%), i giornali radio (50%), i motori di ricerca (51,4%), i canali all news (50,9%) e Facebook (43,5%). Analizzando i trend per fasce di età emergono in maniera prorompente le differenze tra i consumi mediatici dei giovani e quelli degli anziani. I primi sono massicciamente posizionati sulla linea di frontiera dei new media: la prima fonte di informazione per le nuove generazioni è Facebook (71,1%), segue Google (68,7%), al terzo posto ci sono i telegiornali e al quarto Youtube (53,6%).

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L’INFLUENZA SEMPRE PIÙ FORTE DEI SOCIAL NETWORK

Numeri che spiegano la tendenza di alcuni autorevolissimi quotidiani esteri ad affidarsi a social network – vedi il recente accordo tra New York Times e Facebook – e piattaforme quali Snapchat per pubblicare e diffondere notizie e contenuti. Del resto, in una fase storica come quella che stiamo vivendo, è fisiologico che abbiano successo i media che comportano un basso costo e permettono di svolgere attività in maniera istantanea, ottimizzando tempi e risorse. A parlare sono i numeri. Nel nostro Paese, il 50,3% della popolazione è iscritta a Facebook e tra gli under 30 la percentuale arriva addirittura al 77,4%. YouTube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani) e il 10,1% degli italiani usa Twitter.

NUMERI POSITIVI PER TV E RADIO (MA GRAZIE ALLE NUOVE TECNOLOGIE)

Per quel che riguarda tv e radio, la prima si è man­te­nuta sugli stessi livelli di utenza medi (96,7%), con un rafforzamento però del pubblico delle nuove televisioni: la web tv è arrivata a una utenza del 23,7% (+1,6% rispetto al 2013), la mobile tv all’11,6% (+4,8%), mentre le tv satellitari si attestano a una utenza complessiva del 42,4% e ormai il 10% degli italiani usa la smart tv connessa in rete. Stesse dina­mi­che anche per la radio la cui frui­zione nel com­plesso è addi­rit­tura in cre­scita gra­zie, anche, alla radio da tele­fono cel­lu­lare che passa dal 3.6% del 2007 al 17,2% del 2015, e la radio da Inter­net, online, pas­sata dal 7,6% del 2007 all’attuale 14,3%.

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MENO LIBRI, PIÙ SMARTPHONE E TABLET

Non si può fare lo stesso ragionamento per i libri, che dopo la grave flessione degli anni passati, non sembrano riprendere la corsa in velocità (-0,7%): gli italiani che ne hanno letto almeno uno nell’ultimo anno sono solo il 51,4% del totale, e gli e-book contano su una utenza ancora limitata all’8,9% della popolazione (+3,7%). Di contro, l’uso degli smartphone continua ad aumentare vertiginosamente (+12,9%) e ora vengono impiegati regolarmente da oltre la metà degli italiani (il 52,8%), mentre i tablet praticamente raddoppiano la loro diffusione nel giro di un biennio e oggi si trovano tra le mani di più di un quarto degli italiani (il 26,6%). Riflesso, questo, dell’aumento inarrestabile degli utenti di internet (+7,4% nel 2015 rispetto al 2013) che arrivano alla quota record del 70,9% della popolazione italiana.

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