IL CONTRATTO SCADUTO
Lo scorso 30 marzo la direzione della Fincantieri ha comunicato alle OO.SS e alle Rsu degli stabilimenti del gruppo la cessazione, a far data dal 1° aprile, degli effetti retributivi e normativi del contratto integrativo sottoscritto nel 2009 e vigente in regime di proroga da 27 mesi fino al 31 marzo.
LE REAZIONI DEI SINDACATI
Poche ore dopo, in una nota, la Fiom-Cgil interpreta questo atto come “reazione alla bocciatura da parte dei lavoratori delle proposte aziendali su turni, retribuzioni, appalti. Una bocciatura resa evidente non solo dalle distanze emerse al tavolo negoziale, ma anche dagli scioperi di questi giorni”. E Bruno Papignani, responsabile della cantieristica della Fiom-Cgil afferma che “Nel pieno di una trattativa sindacale, Fincantieri – azienda pubblica – cade in reazioni scomposte arrivando ad affermare che porterà le produzioni all’estero se i lavoratori non accetteranno di lavorare gratis o di comprimere il salario. E nega la proroga – che avevamo chiesto e che qualunque azienda di buon senso concederebbe – del contratto integrativo in scadenza”.
In un comunicato stampa congiunto, il giorno dopo, le segreterie nazionali della Fim-Cisl e della Uilm-Uil ritengono “che questa scelta sia sbagliata perché non consente una serena prosecuzione della trattativa e rischia di radicalizzare il confronto partendo dalla penalizzazione dei lavoratori.” Sostengono poi che “Il sindacato non ha rotto il tavolo, né ci risulta che lo abbia fatto l’azienda” visto che “per il 13 e 14 aprile sono già previsti altri incontri”. Rilevano inoltre che “Non è certo questa la modalità per cercare un accordo e quando si richiama il senso di responsabilità del sindacato e dei lavoratori ci si aspetta che lo stesso senso di responsabilità lo abbia l’azienda altrimenti la sensazione rischia di essere che Fincantieri punta al non accordo per altri motivi.” E concludono chiedendo all’azienda di dimostrare che non è così “rivedendo la sua scelta per favorire il confronto e trovare un accordo nell’interesse dei lavoratori e dell’impresa”
LA RISPOSTA DI FINCANTIERI
La risposta della direzione aziendale di Fincantieri non si è fatta attendere e lo stesso giorno in una nota, specificando che si tratta di cessazione e non di disdetta degli effetti del contratto integrativo, “rimarca che le organizzazioni sindacali hanno presentato le proprie piattaforme oltre i termini previsti dal contratto collettivo nazionale per i lavoratori metalmeccanici.” E che “ciò dimostra l’assenza di un reale interesse al rinnovo di un’intesa prorogata ormai da 27 mesi e, soprattutto, l’atteggiamento preconcetto e di chiusura, con qualche distinguo tra le diverse organizzazioni, manifestato nel corso dei 12 incontri avuti dal dicembre scorso ad oggi.” Evidenzia che l’azienda “si è resa disponibile ad affrontare un percorso negoziale finalizzato al raggiungimento di una intesa comune, nonostante negli ultimi tempi siano invalsi comportamenti improntati più ad architettare campagne mediatiche strumentali e senza costrutto che a tenere in debito conto le evoluzioni di un grande gruppo industriale.”
I toni diventano piuttosto aspri quando si afferma che “Alcune forze politiche e sindacali (…) sostengono che Fincantieri è un’azienda pubblica, quasi a sottintendere che, in quanto tale, dovrebbe essere chiamata unicamente ad erogare stipendi, cosa che, se fosse vera, andrebbe a scapito della collettività” e quando si sottolinea che “oggi Fincantieri è un’azienda quotata, perché circa il 30% del suo capitale è in mano ai privati, e il restante 70% non è posseduto direttamente dallo Stato (il 72,5% è di Fintecna, società controllata al 100% da CDP, ndr). Se si continua ad ignorare questo aspetto, non si fa che scavare ulteriormente l’abisso culturale in cui è precipitato il Paese, ormai pressoché deindustrializzato”. Questi passaggi testimoniano l’asprezza dello scontro in atto, tuttavia la nota della direzione di Fincantieri si chiude con un auspicio, quando si afferma che “l’azienda confida in un’assunzione di responsabilità” e con un’apertura quando si dichiara che “la direzione conferma ancora una volta la propria disponibilità, se fosse necessario anche attraverso ulteriori incontri oltre a quelli già calendarizzati, per il raggiungimento di un’intesa che, aiutando a creare i presupposti necessari per ottenere nuove importanti acquisizioni, determinerebbe ricadute positive pluriennali per i cantieri italiani del Gruppo”.
CAUSE E SCENARI DELLA CONFLITTUALITA’
Questa la cronologia degli ultimi eventi a cui occorre aggiungere gli scioperi e le manifestazioni realizzate nei giorni scorsi – fino ad arrivare a quelle del 31 marzo a Palermo e Sestri Ponente e del 1° aprile a Marghera – e una situazione che se dovesse protrarsi porterebbe a un taglio in busta paga tra i 90 e i 120 euro per i lavoratori che potrebbero, in assenza dei premi di produttività, decidere di lavorare di meno.
Ma come si arriva a questo livello di contrapposizione che ricorda altre fasi storiche e ben altre congiunture economiche del nostro Paese?
Occorre tener presente almeno tre aspetti che assumono, all’interno di una situazione complessa come questa, una certa rilevanza:
1 – L’integrativo appena dichiarato scaduto venne sottoscritto il 1° aprile 2009 solo da Fim e Uilm mentre la Fiom, che inizialmente prese le distanze non condividendone i contenuti, firmò tre mesi e mezzo dopo;
2 – Ad oggi le piattaforme presentate all’azienda per il rinnovo dell’integrativo aziendale sono due: una della Fiom e una di Fim e Uilm;
3 – La situazione attuale impone a Fincantieri delle scelte, se non proprio obbligate, strategicamente importanti come quella di una maggiore flessibilità che consenta di far fronte ai picchi di lavoro senza i costi aggiuntivi derivanti dal ricorso all’istituto del lavoro straordinario, adeguandosi di fatto a quanto ha già realizzato da almeno due anni Meyer Werft, il suo principale competitor in Europa.
CRONOLOGIA DEL CONFLITTO
Sicuramente la sottoscrizione solo da parte di Fim e Uilm dell’integrativo ad aprile 2009 ha rappresentato il punto di partenza che ha segnato negativamente lo sviluppo delle relazioni sindacali per i tre mesi e mezzo successivi, ma con riflessi che arrivano fino ad oggi. In quella occasione il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi affermò: “La soluzione proposta da Fincantieri, in molti casi punitiva per i lavoratori, e il rifiuto del referendum da parte di Fim e Uilm, sono il segno di un degrado delle relazioni sindacali che l’Azienda ha consapevolmente perseguito”.
Da febbraio a luglio 2009 vi fu un periodo di accentuata conflittualità che culminò in fatti eclatanti come l’annullamento della cerimonia di consegna della Costa Luminosa.
La conflittualità, dopo un’attenuazione successivamente al luglio 2009, registra una ripresa significativa dopo la trasmissione alla Fincantieri delle rispettive piattaforme per il rinnovo del contratto integrativo aziendale da parte di Fiom e di Fim e Uilm il 20 gennaio 2015, conseguente all’avvio delle trattative avvenuto nel mese precedente.
Ma è lo scorso 17 marzo che la situazione precipita con la presentazione da parte di Fincantieri della propria proposta di contratto integrativo in cui – tra le altre cose – sostiene che “Il perseguimento di un elevato livello di competitività, anche in termini di recupero di efficienza produttiva, richiede l’adozione di adeguate forme di flessibilità operativa”, a cui rispondono congiuntamente il 18 marzo Fim e Uilm, che “ritengono il testo ed i suoi contenuti coerenti con le posizioni aziendali e non certo con le richieste contenute nella nostra piattaforma” e il 19 la Fiom che invece esprime “un giudizio estremamente negativo sul documento aziendale”.
Il resto è nelle cronache di questi giorni.