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Gli Usa e noi: il futuro non è cambiato

Oggi voglio solo riportarvi parole non mie, che mi sono capitate sotto gli occhi e che ho trovato una ottima rappresentazione della nostra situazione e di quella globale. Ne riporto i passi salienti.

“I problemi economici degli Stati Uniti sono, necessariamente, al centro dell’attenzione mondiale, più di quanto i problemi economici del mondo, nel suo insieme, risultino interessare la politica economica statunitense”.

“La formula kennediana ‘Dalla indipendenza alla interdipendenza’, anche a livello di speranza o di obiettivo potenziale, non sembra avere alcun rapporto con l’indifferenza benevola che ha ispirato negli ultimi tempi le decisioni economiche rilevanti degli Stati Uniti, con riguardo particolare ai problemi monetari internazionali. E si tratta di una “indifferenza” che, agli effetti pratici, sposta l’accento su un rapporto di dipendenza di molti paesi del resto del mondo dagli Stati Uniti, più che su legami di interdipendenza”.

“A questi esiti, d’altra parte, non è stata estranea l’incapacità dimostrata dall’Europa a dare un contributo positivo alla creazione di un sistema di poteri bilancianti, destinati ad evitare un assoggettamento effettivo della disgregata area economica rispetto alle potenze egemoni. Non può sfuggire che il futuro europeo, come configurato dalla prevaricante ed economicamente osoleta visione teutonica, non corrisponda agli ideali che mossero la costruzione economica”.

“Questa negli auspici avrebbe dovuto basarsi su rapporti di effettiva parità tra i vari membri: sulla realistica comprensione che i dislivelli di partenza dei diversi paesi non potevano non ingenerare tensioni con il procedere dell’unificazione; sulla conseguente necessità di accorgimenti adeguati, per poter avanzare di conserva ed evitare l’instaurarsi di direttorii”.

“Più che sui problemi di fondo, tuttavia, l’attenzione odierna sembra concentrarsi sull’evoluzione congiunturale. Ciò non toglie che gli Stati Uniti siano soprattutto preoccupati dei loro problemi interni, concorrendo non di meno, per le dimensioni stesse di quei problemi, ad aggravare quelli degli altri”.

“Prevale ora negli Stati Uniti, per quanto riguarda l’andamento dell’economia nella seconda parte dell’anno, un clima più fiducioso. I consiglieri economici presidenziali e i responsabili della Fed (questi ultimi anche come artefici della ripresa), con la determinazione di più agevoli condizioni monetarie si attendono un consistente miglioramento in termini di reddito”.

“Più dubbie sono le previsioni per l’occupazione, specie se dai dati globali si passa alle cifre concernenti particolari categorie di lavoratori, meno favoriti per età e grado di qualificazione. Ancor più grigio appare il quadro di chi spinge a considerare se l’espansione fiscale e monetaria odierna non si tradurrà a breve scadenza in rinnovate tensioni inflazionistiche. Ne manca chi indichi vicina l’epoca di un nuovo rapido deterioramento alla situazione economica”.

Personalmente credo che non si possa sintetizzare meglio quello che sta accadendo.

Dimenticavo: il testo da cui ho attinto è un articolo scritto da Federico Caffé il 3 giugno 1975, intitolato “Dalla interdipendenza alla dipendenza?”.

Cosa è successo nei quarant’anni successivi?

Niente.

Il futuro non è cambiato.

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