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Il DDL Scuola approda alla Camera e Tu sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo?

Naturalmente non poteva mancare il consueto carosello all’Italiana dei consigli elargiti e non richiesti, dei pareri privi di alcun fondamento storico-giuridico-sociale, delle contraddizioni in termini: mentre nei giorni scorsi si denunciava la partenza a rilento del DDL scuola, decretando un ritardo incolmabile, oggi si lamenta l’eccessiva “fretta”…
A questo punto dovremmo scegliere di fare solo una cosa in alternativa all’altra: o continuare a far parte del problema (vedi sopra), oppure iniziare a far parte della soluzione che va ricercata guardando alla Res-Publica e non al proprio interesse o tornaconto personale.
Rilancio e condivido con voi lettori del blog alcune mie riflessioni su un DDL che solo con il contributo responsabile e generoso di ciascuno di noi potrà realmente porre in fila le questioni e darvi risposte di diritto.

Come ho avuto modo di dichiarare sono estremamente favorevole sulla procedura che ha portato al DDL. Su questioni scottanti che coinvolgono non solo milioni di cittadini (ad es. le famiglie dei centocinquantamila precari e quelle del milione abbondante di studenti delle scuole pubbliche paritarie) il governo – sicuramente ben consigliato dal presidente Mattarella – ha saggiamente preferito la strada maestra del DDL piuttosto che quella ripida e insidiosa del DL. Ebbene sia, purchè in una gestione ragionevole di tempi parlamentari che non uccidano le buone intenzioni, di chi governa e di chi è all’opposizione. Chi è attento al destino della scuola italiana sa che il dialogo è cosa buona, ma non all’infinito indeterminato futuro. Infatti il Ministro, nell’intervista di ieri (giovedì 3 aprile) al video forum di Repubblica ha assicurato per giugno l’approvazione. I nostri Parlamentari già stanno lavorando sul DDL con serietà per una riforma della scuola che a) anzitutto deve sanare guasti incancreniti da decenni e b) deve liberare le forze positive che la scuola italiana ha dalle sue origini culturali solidissime. Non dimentichiamo che la “fuga dei cervelli” italiani all’estero è, sì, motivo di sofferenza, ma – sotto sotto – anche di orgoglio…. Dove e come si sono formati questi cervelli?

Nel documento sulla buona scuola ci sono elementi di qualità e prospettive di sviluppo. Quali i punti di forza e di debolezza.
Sul tappeto istituzionale ci sono temi che scottano e che da decenni erano dei tabù: autonomia delle istituzioni scolastiche (ad oggi più sulla carta che nella realtà), precariato a vita del tutto anticostituzionale, efficacia ed efficienza dei servizi anche in rapporto ai costi, flessibilità dei ruoli in rapporto alle esigenze, nuove tecnologie, edilizia e strutture, potenziamento delle competenze scientifiche e linguistiche degli studenti, apertura della comunità scolastica al territorio e per gli alunni agli stage in azienda, ma anche la detrazione per le rette versate dal milione abbondante di famiglie italiane che esercitano la propria libertà di scelta educativa scegliendo la scuola pubblica paritaria. Un passaggio di diritto: solo per metterlo all’OdG l’Italia ha impiegato ben 66 anni dal 1948 ad oggi. Chi va piano…

Il massimo punto di forza del DDL è stato la condivisione dei contenuti a livello nazionale, attraverso la consultazione sulla Buona scuola. Un accentuato punto di debolezza sta nel desiderio – pure comprensibile ma inattuabile – del cittadino di avere “tutto subito”. Le polemiche sterili possono danneggiare l’opera facendo perdere tempo. Occorre rispettare i criteri di intervento che il governo si è dato: senza criteri di scelta non si va da nessuna parte.

Alcuni passaggi segnano un cambiamento radicale della scuola italiana che passa dalla pura organizzazione dal fiato corto alla gestione progettuale. Ritrovo passaggi di riorganizzazione gestionale, di management, che lungo gli anni ho sostenuto indispensabili per rendere la gestione di una scuola efficace ed efficiente: piano triennale che abbandona la logica del pronto soccorso; il dirigente scolastico assume un ruolo centrale di una comunità educante che sa definire il proprio organico in coerenza con l’offerta formativa ma nel giusto vincolo di obiettivi nazionali che le scuole sono tenute ad osservare (Cap. II art. 2). Un piano triennale che solo dopo gli iter autorizzativi regionali e romani (spediti e di qualità) sarà efficace; quindi una autonomia garantita e controllata come è giusto che sia e come si è sempre richiesto. Significativo il passaggio dell’alternanza scuola-lavoro se non verrà bruciato da superficialità, pastoie burocratiche e disinteresse da ambo le parti. Bene il dirigente leader capace di progettare, coinvolgere, stimolare, incentivare purchè sia uno scopritore di talenti e non vittima di un clientelismo sempre in agguato. Perché non si corra questo rischio è indispensabile che i vincoli e i controlli all’art. 7 non siano lettera morta.

All’art. 8 c’è il cancro del precariato da sanare, svuotando le GAE, mostruosità tutta italiana. Un ulteriore punto di debolezza è dato da una ambiguità: il DDL scuola fa passi significativi di diritto quando in svariati passaggi parla di sistema scolastico pubblico integrato e statale e paritario; non si capisce quale sia la sorte dei docenti della scuola paritaria, laureati e abilitati, e spesso anche vincitori di concorso. Fra quei 130mila precari ci sono anche quelli che precari non sono, essendo di ruolo in una delle scuole pubbliche del sistema scolastico integrato, cioè la scuola paritaria; ma di fatto sono considerati docenti di serie B. Perché di ruolo si parla solo ed unicamente per la scuola pubblica statale: allora che sistema scolastico integrato è? I docenti della scuola paritaria, che pure “producono” alunni con titoli validi su tutto il territorio nazionale, ed esercitano un servizio pubblico, sono peggio dei figli in provetta che non si sa di chi sono (che l’esempio piaccia o no ai progressisti!). E qui il mio pensiero si smarrisce: ritrovo un DDL ancora troppo timido e non ha saputo evitare la contraddizione in termini (per Aristotele sarebbe come un tronco…): mentre afferma che in Italia, come avviene in tutti i paesi civili d’Europa e d’oltreoceano, il sistema scolastico è integrato e le scuole paritarie e statali ne fanno pienamente parte, il DDL discrimina i docenti a seconda di dove insegnano, quasi a dire: “Caro docente, nel sistema scolastico pubblico e integrato i titoli da te ricevuti (laurea, abilitazione, eventuale concorso) si depotenziano magicamente se decidi di scegliere il pubblico paritario rispetto al pubblico statale, perchè la primogenitura è della scuola statale e solo qui sarai di ruolo, farai carriera e avrai uno stipendio, seppur basso per la categoria professionale, sempre però più alto dei tuoi colleghi che a parità di titolo e di competenza insegnano nella scuola paritaria”. Accettabile? Da parte di chi ragiona, non penso proprio.

Occorre almeno avere chiaro il problema: i docenti tutti del sistema pubblico e integrato di istruzione,  a parità di titolo e di competenza, dovrebbero essere chiamati dal dirigente della scuola pubblica statale e dal dirigente della scuola pubblica paritaria, scegliendo dove insegnare, senza alcun ricatto economico ma unicamente per la condivisione di una identità scolastica. Questa è civiltà. Almeno poniamoci la domanda: come è possibile che in un sistema pubblico, integrato ci siano ingiustizie così gravi?

Mi auguro che le leve di trasparenza e di buona organizzazione che questo DDL ha introdotto possano liberare le risorse dalla morsa dello spreco e reinvestirle nel sistema scuola. Si riconferma il costo standard come il solo anello mancante che, mentre consente alla famiglia di scegliere, innesca una sana concorrenza tra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato. La strada è tutta in salita ma è quella giusta: le detrazioni sono uno strumento di breve periodo, utili – più che a risolvere il problema – a sancire un passaggio culturale dal quale non si torna indietro. Il passo successivo sarà il costo standard dello studente e la piena garanzia di scelta della scuola da parte della famiglia senza dover pagare due volte, le imposte allo Stato e il funzionamento alla scuola pubblica paritaria. Interessante all’art. 14 la pubblicità dei dati, dei bilanci, del SNV, che rappresenterà un portale di accompagnamento delle istituzioni scolastiche, un supporto alle scuole su tematiche anche di natura amministrativa, contabile e gestionale, oltre che didattica. Introdurre il costo standard significa accompagnare le scuole verso la riqualificazione delle risorse e l’acquisizione di  competenze di riorganizzazione amministrativa prima e gestionale poi, per rendere sostenibile la buona scuola di qualità ma senza sprechi. Ecco, credo sia questa contraddizione e lacuna il punto di debolezza più evidente del DDL, che comunque ha il merito di proporre passaggi coraggiosi.

Nei prossimi giorni scriveremo ancora sul DDL scuola e ringrazio voi cari lettori per il confronto che ne seguirà.

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