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La Sicilia in due

-La Sicilia è in due -. Io sono giorni che non vedo Tg, che non guardo internet, eppure dentro alla testa, non capisco dove, forse dentro le orecchie, questo mantra continua a rimbombare. E poi la notte mi viene a pescare nel sonno mentre sono più debole. E’ una voce, rauca, misteriosa, come uscita fuori dalle fauci di una mostruosa presenza e ripete: – La Sicilia in due -. – La Sicilia in due -.
Capisco tutto. E ci tengo a precisare. La Sicilia in due, a lettere, si riferisce a quella storia del pilone, quello crollato. E ora per macchina o per treno da Catania a Palermo è un viaggio di ore e ore. Senza neanche – come avrebbe fatto Peppino – lo scorno di lamentarsi per quelle curve e controcurve che comunque, pur rispettando terreni e proprietari dei terreni ansa dopo ansa quando si sarebbe potuto fare tutto un bel rettifilo in mezzo a tutto quel verde o giallo di grano, in due ore e mezza da Catania ti portavano a Palermo.
La Sicilia in due, a cifre, invece è l’unica Sicilia possibile. Quella che non esiste e che è stata mangiata. Divorata come una figlia femmina dal padre che l’ha sottratta appena nata alla madre. La Sicilia in 2 è quella dei viscotta i saimi (lo strutto in spagnolo).


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