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La teoria del gender esiste. E non l’ha inventata la Chiesa

Diceva Baudelaire che “il più bel trucco del diavolo sta nel convincerci che non esiste”. E’ più o meno la stessa tattica adottata dal variegato mondo lgbt, che si è scagliato compatto contro Papa Francesco reo di aver ribadito, a proposito della teoria del gender, quanto aveva già detto in più occasioni, seppur con parole diverse. Identico il refrain: la teoria del gender non esiste, ed è anzi un’invenzione della Chiesa, che in questo modo ha costruito un nemico da combattere per difendere le sue posizioni. Peccato che i fatti dicano l’esatto contrario, e che la teoria, meglio l’ideologia del gender esista, eccome. Basti ricordare quanto ebbe a dire Benedetto XVI nel discorso alla Curia del dicembre 2012: “Il Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, in un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante, ha mostrato che l’attentato, al quale oggi ci troviamo esposti, all’autentica forma della famiglia, costituita da padre, madre e figlio, giunge ad una dimensione ancora più profonda. Se finora avevamo visto come causa della crisi della famiglia un fraintendimento dell’essenza della libertà umana, ora diventa chiaro che qui è in gioco la visione dell’essere stesso, di ciò che in realtà significa l’essere uomini. Egli cita l’affermazione, diventata famosa, di Simone de Beauvoir: “Donna non si nasce, lo si diventa” (“On ne naît pas femme, on le devient”). In queste parole è dato il fondamento di ciò che oggi, sotto il lemma “gender”, viene presentato come nuova filosofia della sessualità. Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela. Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha dato. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più valido ciò che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen 1,27). No, adesso vale che non è stato Lui a crearli maschio e femmina, ma finora è stata la società a determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà. La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. Maschio e femmina vengono contestati nella loro esigenza creazionale di forme della persona umana che si integrano a vicenda. Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Ma in tal caso anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria. Bernheim mostra come essa, da soggetto giuridico a sé stante, diventi ora necessariamente un oggetto, a cui si ha diritto e che, come oggetto di un diritto, ci si può procurare. Dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo.” Venendo agli esempi che testimoniano della campagna in atto per diffondere l’ideologia di gender, si potrebbe citare il disegno di legge governativo (che a occhio non ci pare la longa manus del Vaticano) dal titolo inequivocabile: “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università”, attualmente in discussione al Senato. O vogliamo parlare della “Strategia nazionale 2013-2015 per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, adottata dal governo Monti nell’aprile 2013? E che dire dei famigerati opuscoli dell’Unar “Educare alla diversità”, l’anno scorso prima diffusi alla chetichella in tutte le scuole e poi ritirati in fretta e furia? O del documento varato a novembre 2013 dalla sezione europea dell’OMS e diffuso a tutti i Ministeri dell’Istruzione e della Salute dell’unione Europea, intitolato “Standard di educazione sessuale in Europa”, dove l’istituto che l’ha redatto per conto dell’OMS – il Centro Federale per l’Educazione alla Salute (BZgA) di Colonia (per la cronaca, lo stesso che qualche anno fa pubblicò un opuscolo a favore della pedofilia) – per i bambini da 0 a 4 anni prevede che gli insegnanti trasmettano informazioni circa la “masturbazione infantile precoce”, e per quelli fino a 6 anni che li istruiscano sulle “relazioni con persone dello stesso sesso”? Si potrebbe andare avanti a lungo, ad esempio citando la nutrita letteratura che dagli anni ’60 del secolo scorso ha propagandato la gender theory in tutte le salse, e che ora le solite lobby vorrebbero imporre a tutti i livelli, a cominciare ovviamente dalle scuole, dove sono sempre più frequenti i casi di iniziative che, con il cavallo di Troia delle magnifiche sorti e progressive della lotta alle discriminazioni, hanno l’obiettivo di veicolare – questo è il punto – una nuova antropologia che punta a sovvertire l’ordine naturale delle cose. “Una campagna mediatica potente e ben orchestrata – scriveva M. or Luigi Negri nella prefazione al volume “Omofobia o Eterofobia”, del Presidente dei Giuristi per la Vita, Gianfranco Amato – tenta, infatti, di indurre l’opinione pubblica a credere che esista nel nostro Paese un grave ed allarmante fenomeno di discriminazione basato sull’orientamento sessuale, talmente diffuso da imporre ferree ed esemplari misure legislative per contrastarlo. Tutto ciò, nonostante i dati oggettivi dicano il contrario, e nonostante sia in corso una pervasiva campagna propagandistica a favore dell’ideologia pansessualista, che riesce ad infilarsi persino nell’intimità familiare degli italiani attraverso il potente mezzo televisivo.” Il rischio, proseguiva l’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, è “quello di un intervento ideologico ed invasivo dello Stato nell’educazione dei giovani (particolarmente in ambito sessuale), attraverso il recepimento di raccomandazioni e regolamenti che giungono dalle istituzioni comunitarie ed internazionali, a forte impronta omosessualista“. Naturalmente, come tutte le ideologie che si rispettino anche in questo caso non appena qualcuno – nella fattispecie Papa Francesco – osa dire qualcosa contro la vulgata, scatta immediata la gogna e la censura, con buona pace di quegli stessi principi di tolleranza rispetto ecc. ecc. di cui si riempiono la bocca i sacerdoti del pensiero unico. Ma tant’è. Nulla di nuovo sotto il sole. Passerà pure questa.


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