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Ecco le due facce del Def

Il Consiglio dei Ministri ha avviato l’esame del Documento di Economia e Finanza la cui
approvazione è prevista il 10 aprile. Come atteso il governo ha rivisto verso l’alto le stime di crescita, marginalmente per l’anno in corso (da 0,6% a 0,7%) e più sensibilmente il biennio successivo (in particolare per il 2016, da 1% a 1,4%).

In conseguenza del maggior ottimismo sulla crescita, ma soprattutto dei sensibili risparmi sulla spesa per interessi, il quadro tendenziale di finanza pubblica risulta in netto miglioramento rispetto all’autunno scorso: il deficit tendenziale scende all’1,4% dall’1,8% della stima dello scorso autunno per il 2016 e allo 0,2% dallo 0,8% per il 2017. Di conseguenza il pareggio strutturale sarebbe raggiunto con un anno di anticipo già l’anno prossimo.

Tuttavia, il governo ha scelto di confermare i precedenti obiettivi programmatici sui saldi e di utilizzare questi margini per misure espansive: lo scostamento tra deficit tendenziale e programmatico è pari allo 0,5% in media nel triennio 2016-18; limitati ad appena un decimo di punto (1,6 mld circa) i margini utilizzabili per politiche a sostegno del ciclo quest’anno.

La novità è anche rappresentata dal fatto che il governo invoca esplicitamente la “clausola delle riforme” per ridurre la correzione strutturale sul 2016 allo 0,1% del PIL dallo 0,5% che sarebbe richiesto dalle regole del Patto di Stabilità e Crescita. A nostro avviso difficilmente questa intenzione sarà accettata dalle autorità europee: nel migliore dei casi si potrebbe arrivare a un compromesso di 0,3% esattamente come sul 2015.

Peraltro, il segno degli interventi sul 2016-17 non dovrebbe essere comunque espansivo perché il governo deve reperire i fondi per coprire interamente le clausole di salvaguardia evitando così in particolare il temuto aumento dell’IVA (le clausole valgono 16 mld sul 2016, 25 mld sul 2017 e 28 mld sul 2018; probabilmente verranno “disinnescate” interamente, per un punto di PIL, solo per l’anno prossimo).

Ancora una volta è stato rivisto al ribasso l’obiettivo sui ricavi da privatizzazioni per l’anno in corso (a 0,4% dallo 0,7% del PIL). Il debito è comunque visto toccare un picco quest’anno (al 132,5% del PIL, dal 133,4% previsto in autunno) e poi ridursi negli anni successivi.

In sintesi, ci sembra auspicabile l’utilizzo dei margini creatisi soprattutto dai risparmi sul costo del debito per nuove misure a sostegno della crescita, nonché l’impegno a evitare interamente l’aumento delle imposte indirette. Tuttavia, i nuovi obiettivi programmatici saranno con ogni probabilità oggetto di un nuovo negoziato con l’UE, al termine del quale si ridurranno i margini per politiche a sostegno del ciclo. Inoltre, resta sfidante l’obiettivo di coprire interamente con tagli di spesa le clausole di salvaguardia anche solo sul 2016.

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