C’è un tempo per la riflessione. Nelle settimane scorse sono rimasto assente da questo blog perché, guardando al mondo, avevo l’impressione che le parole non bastassero più, che non ci fossero parole adeguate per descrivere una situazione globale ormai senza senso.
Ma il silenzio, come dice il Papa, può anche essere complice. E allora io credo che sia venuto il momento di dire con forza che l’umanità, e in essa ciascuno di noi, è immersa nell’assenza di un progetto di civiltà. Non bastano più le anime buone, la solidarietà, la vicinanza, la compassione; è l’ora di una grande riforma della convivenza umana, fondata sulla ricomposizione del suo senso profondo.
Non esistono morti “più morti” di altri; è l’umanità, il progetto umano, ad essere in pericolo. Decliniamo i valori nel contesto di una competizione esasperata e non li incarniamo nella complessità dei processi storici; ci formiamo e formiamo al pensiero antagonista (elevando a pensiero le naturali differenze presenti nella realtà) e non siamo capaci di esprimere un pensiero critico (dunque libero) sulle realtà che evolvono; costruiamo sistemi economici spesso ad uso di tecnocrazie oligarchiche e rischiamo di cancellare le grandi conquiste della convivenza democratica; siamo talmente evoluti da un punto di vista tecnologico da essere tornati alla preistoria della condizione umana.
In tutto questo, gli intellettuali (coloro che sono consapevoli di avere l’intelletto) non possono più essere complici. Nel mio piccolo, cercherò di lavorare su questa prospettiva ogni giorno; si tratta, infatti, di “rileggerci” nel profondo, di ritornare a comprendere le differenti realtà per “com-prenderle” in noi, di ritornare a vivere pienamente senza limitarci – come accade – ad esistere.