Terza puntata della pubblicazione di alcuni estratti del libro Mover (qui si possono leggere la prima e la seconda parte). Odissea contemporanea di Michele Silenzi, edito da Liberilibri. Il libro, tutto scritto in prima persona e in una forma ibrida tra il saggio e il romanzo che molto assomiglia a un diario di bordo, racconta le riflessioni e gli incontri del Mover, personaggio-archetipo della nostra contemporaneità in continuo divenire. Il fil rouge che tiene insieme il libro è il concetto di distruzione e ricreazione, di dissoluzione e riaggregazione rappresentati nella nostra quotidianità. L’altro protagonista è il tempo, sempre presente con il suo ritmo incalzante, un tempo non circolare ma che si lancia in avanti, creando in tal modo le condizioni perché protagonisti sempre nuovi riescano ad emergere. L’io narrante irrompe sul mondo e lo scompone in singoli episodi autobiografici o di fantasia, spezzoni di vita che si aprono e si chiudono di continuo e che non potrebbero esistere al di fuori della contemporaneità. (Redazione)
Dal cap 2 RINUNCIARE ALLA BATTAGLIA
Giustizia
Su un muro di Pechino c’è una gigantesca scritta in ideogrammi. Non ho la minima idea di cosa significhi. Il mio compagno di viaggio la traduce per me in inglese: water which is too pure has no fish. Mi dice che si trova in un testo chiamato Ts’ai Ken T’an.
La violenza è terribile perché è radicale, rivoluzionaria come la giustizia. Per limitare la giustizia, per evitare la sua spada abbiamo creato la legge. La giustizia è disumana. È troppo integra per l’uomo. L’uomo non gestisce la giustizia, si lascia usare dalla giustizia come il suo braccio. Ed esercita la giustizia tramite la violenza. Attraverso la legge abbiamo svilito la giustizia. Ne abbiamo limitato e deformato gli effetti. Per questo esistono i tribunali. Attenzione a invocare la giustizia, si potrebbe distruggere il mondo. Ricordatevi del diluvio con cui Dio sterminò l’umanità. Dio era la giustizia.
L’eccesso di purezza rende impossibile la vita. In condizioni di assoluta trasparenza, in assenza di impurità, senza opacità, imperfezioni, errori, storture la vita scompare. Le foreste del Borneo sono la culla della vita. Esistono più specie sconosciute in quella giungla che in tutto il resto del mondo. L’umidità, l’afa, il fango, l’acqua terrosa, quella cappa irrespirabile che copre ogni cosa sono il ventre da cui si sprigiona la pulsazione vitale. È il suo groviglio, la sua opacità, la sua viscosità, la mancanza di trasparenza a rendere quel luogo così fertile e adatto a generare. Dalle sue acque maleodoranti e ricche degli scarti della natura, ricche di tronchi marci, di pesci in putrefazione. Da quel brodo caldo che tutto assorbe e disfa emerge il rinnovarsi continuo della vita.
L’acqua distillata è priva di qualsiasi forma di vita. È pura, perfetta, libera di ogni tipo di scorie ma morta. Vivere è cosa giusta.
È così che la mania della legge rischia di ridurci. Esseri perfetti, impeccabili, retti, trasparenti ma senza vita. La giustizia, invece, è nichilista. Distrugge, manda in pezzi. Annienta continuamente quello che si trova sul suo cammino. È così potente da essere quasi sempre intollerabile per l’uomo. La giustizia è nichilista perché distruggendo getta le fondamenta per il rinnovamento, per la rinascita, per la ricostruzione. La purezza è una pretesa della legge, una sofisticazione umana come lo è l’acqua distillata.
Nella grande confusione, la giustizia si trasforma in banale regolamentazione di tutta l’esistenza. Diventa legge civile moraleggiante e invidiosa. Il sentimento di giustizia, così violento e rivoluzionario, scompare nell’uniformità indistinta di una tensione verso la tolleranza assoluta che parifica tutto, tutto eguaglia. E tutto svaluta.
Dieta
Sono perseguitato dalle diete. Vogliono mettermi a dieta. Finisce che anche io voglio mettermi a dieta. Che tu sia uomo o donna o altro non fa alcuna differenza. La dieta è diventata trasversale, egalitaria e multiculturale. È forse l’abitudine più democratica che ci sia, attraversa tutti i ceti sociali e tutte le varie provenienze etniche. Guardo Extreme Weight Loss e mi commuovo insieme al grande obeso di turno e al suo personal trainer Chris Powell che in un anno gli ha fatto perdere 110kg. Non importa dove abiti, non importa il colore della tua pelle. L’unica cosa che conta è come mangi. È quello che ti contraddistingue. La differenza non la fa il prodotto costoso, quella ormai è roba da parvenu. Oggi, per essere davvero al passo, si deve mangiare sano. Poco condito, olio appena un filo, mezzo grano di sale. Via tutto ciò che è grasso. Grasso è sinonimo di grezzo, grossolano, rozzo. La leggerezza del cibo va di pari passo con la leggerezza dei modi. Se ordino un panino double-decker con doppia dose di formaggio sono senza dubbio un essere non del tutto civilizzato.
Dieta diventa sinonimo di educazione, moderazione, cultura. Ma poi, dovunque guardo, trovo programmi di cucina: la cucina come linguaggio universale, la cucina che seduce, la cucina matematica, la cucina filosofica, la cucina economica, la cucina espressione di sé. Gordon Ramsay è uno dei profeti di questo decennio. Parlano così tanto di cucina che mi fanno passare la voglia di mangiare. Ecco la vera dieta.
Siamo allo stesso tempo un esercito di obesi e di maniaci del fitness. Leggo che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ci sono circa trecento milioni di persone affette da diabete e la tendenza è in fortissimo aumento. Il 90-95% di questi casi sono affetti da diabete di tipo 2 cioè quello legato a una predisposizione genetica resa però esplosiva da invecchiamento, obesità, inattività fisica. Nessun dubbio quindi che il numero dei casi stia schizzando in alto. Siamo sempre più vecchi, sempre più grassi, sempre più immobili.
I maniaci del fitness oggi si limitano a essere magri e tonici. Il muscolo debordante non si porta più. Quello veniva dai modelli di Stallone e di Schwarzenegger, muscoli sempre turgidi e oliati ormai fanno super-cafone. Magro è bello. Magro con un lieve, appena accennato, tono muscolare. C’è una ricetta ben precisa anche per il tipo di corpo che bisogna avere, uno standard di riferimento a cui rispondere, un protocollo da eseguire che sempre deve andare di pari passo non con la bellezza ma con la salute.
Toglietemi tutto ma non il mio stile di vita sano, i miei cereali e pompelmo a colazione, ideali per far partire la giornata, che deve poi continuare con la bicicletta fino a lavoro per essere 100% ecocompatibili e per smaltire le pesantezze, se mai ci fossero state, della sera prima. Questa è vita.