Nimby – dall’acronimo inglese not in my backyard – ovvero l’opposizione delle comunità locali e di gruppi organizzati alla realizzazione di opere pubbliche. Vedi Tav in Val di Susa ma non solo, purtroppo. Chi mi legge sa che nell’ambito della mia professione ho affrontato più volte questo tema, attraverso articoli, corsi di formazione e un paper. Da professionista della comunicazione, non posso ignorare l’importanza di costruire un dialogo preventivo con le popolazioni locali volto a sviluppare un rapporto di fiducia a tre: il Governo centrale e gli enti locali, la popolazione locale e l’azienda incaricata di realizzare l’opera. Fantascienza? No, a patto che si rispettino due condizioni.
Uno: coinvolgere la comunità locale sin dalla fase della progettazione dell’opera. Se da questa arriva qualche buona proposta per migliorare l’opera e mitigarne l’impatto, è più facile recepirla quando il progetto è solo agli inizi. Due: creare un percorso ordinato e con tempi certi, nel quale tutti possano esprimere la loro posizione in merito all’opera.
Non dobbiamo inventarci nulla, del resto la Francia lo fa da tempo e con successo. Si tratta del cosiddetto Débat Public. Qui il dibattito pubblico, il confronto, viene gestito dalla CNDP Commissione Nazionale del Dibattito Pubblico, sul cui sito è possibile vedere tutte le opere delle quali si sta discutendo con le comunità locali, le proposte da queste avanzate, l’esito del confronto e l’avanzamento complessivo dei lavori. Non ci credete? Date un’occhiata qua.
Questo modello funziona proprio perché il confronto è gestito entro un percorso con tempi prestabiliti e, a differenza dell’Italia, non vi sono infinite possibilità di bloccare tutto attraverso ricorsi al TAR e simile.
Una buona notizia di questi giorni. Il Senatore Stefano Esposito (PD) si è fatto promotore di un’iniziativa legislativa volta ad introdurre anche in Italia il Débat Public. Ottima idea, speriamo sia la volta buona.