E se il “caso Paita” divenisse la “scusa” per riaprire i giochi democratici in Liguria e Campania?
Per il momento tutti sembrano tenere la posizione: Renzi conferma la fiducia nella sua “delfina” ligure (cagione di un fragorosa quando rischiosa scissione interna) e il PD ligure fa quadrato intorno ad una candidatura che i sondaggi indicano vincente.
Ma l’imbarazzo è forte. E le parole della stessa candidata «sono a disposizione del partito», sembrano far intravedere un sottotraccia di pressioni per un suo – elegante quanto non richiesto- passo indietro.
Una scelta che potrebbe riaprire il dialogo con la sinistra PD ligure e nazionale, far rientrare o comunque svuotare di significato la candidatura Pastorino (assai utile per mettere al sicuro il risultato nella Liguria di Grillo), stemperare le tensioni interne accumulate sull’Italicum e riaprire la “partita” De Luca in Campania.
I tipici quattro piccioni con un avviso!
Del resto, l’idea di mantenere in corsa – e in due Regioni decisive per il PD – candidature in qualche modo “segnate”, rappresenterebbe olio nel lume di chi addita l’intermittente linea garantista del Premier.
Non più tardi di qualche settimana fa, in piena bufera Lupi, Renzi aveva ribadito il no a passi indietro di fronte ad avvisi di garanzia. Un no che il moltiplicarsi dei casi (tre sottosegretari, 2 candidati governatori) potrebbe rientrare soprattutto se utile alla causa: ovvero sfilare Area Popolare a Caldoro in Campania e a Toti in Liguria.
In fondo l’obiettivo, per tanti – se non per tutti – è rafforzare il Governo.