La profondità della nostra natura umana sembra smarrirsi nella superficialità evidente e dominante del disumano.
Ovunque guardiamo, vediamo le conseguenze di una globalizzazione che ha spinto all’eccesso (per nostra convinzione e scelta) l’aspetto competitivo, contribuendo ad irrobustire le voglie di dominio dei differenti rapporti di potenza; si tratta di una competizione che ha dimenticato l’aspetto cooperativo, di paziente costruzione della convivenza umana e che ha reso le differenze delle unicità da totalizzare e non dei talenti da valorizzare reciprocamente.
Diventa necessario ritornare a parlare di progetto umano e di ricomposizione di un pensiero progettuale e strategico, che restituisca dignità e senso ad un vivere insieme oggi oltraggiato dalla volontà negativa di esistere per noi. Vediamo questa necessità di progetto in ogni ambito della vita, nessuno escluso; predichiamo ed esportiamo la libertà ma dimentichiamo che essa va incarnata nelle realtà del mondo-della-vita, contaminata nelle e dalle nostre imperfezioni e, per questo, fecondata e fecondante. Progettare significa ricomporre dal basso il mosaico del senso umano, ritrovando le ragioni di ciò che siamo nel dialogo con ogni altro DI noi; dobbiamo uscire dalla logica dell’altro come nemico e rientrare in quella dell’altro come differente umano che ci completa.
Ritornare al progetto umano significa ricercare continuamente ciò che siamo. rinunciando progressivamente alla certezza delle nostre ragioni. E’ nell’incertezza e nel dubbio, infatti, che è possibile la nostra ri-creazione come esseri umani.