In un bel libro di Emanuele Macaluso (“Comunisti e riformisti”, Feltrinelli, 2013), si può leggere un giudizio critico – ma equanime – su Palmiro Togliatti e il Pci. Inoltre, si può leggere una preoccupata denuncia delle derive massimaliste e giustizialiste della sinistra di oggi. Infine, si può leggere una splendida analisi dello squallore culturale dei rottamatori che hanno rottamato la loro storia.
Il libro si chiude con un ammonimento rivolto al gruppo dirigente del Pd: “Chi prende l’acqua da un pozzo non dovrebbe dimenticare chi l’ha scavato” (proverbio cinese). Ecco, trovo che qui Macaluso sia stato fin troppo indulgente. Chi scrive, che forse è più pessimista di lui, avrebbe concluso: “L’operazione è riuscita e il paziente è morto” (Ennio Flaiano).
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Rosy Bindi si è appellata a Sergio Mattarella per indurre Matteo Renzi a più miti consigli. Viene in mente il dialogo tra Alice e il Gatto nella fiaba di Lewis Carroll. Alice (cito a memoria) chiede al Gatto: che direzione devo prendere? Il Gatto risponde: dipende dalla via che vuoi scegliere. Ecco, il punto è che ancora non è chiaro quale via intenda scegliere la minoranza (meglio, le minoranze) del Pd.
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Il virus della disoccupazione può indurre le persone a credere che il successo nella vita dipenda dalla fortuna, più che dal duro lavoro. Lo sostengono autorevoli e documentati studi internazionali. Forse William Hague, uno dei leader del Partito conservatore britannico, li conosceva quando ha incitato i giovani a viaggiare e a diventare padroni del proprio destino.
Tuttavia, per rilanciare la crescita non basta lavorare sodo. È necessario anche lavorare meglio. L’economista californiano Alexander Field ricorda, in una recensione del best seller di Thomas Piketty (“Il capitale nel XXI secolo”) apparsa nel settembre scorso sul Journal of Economic History, che negli anni Trenta del Novecento il totale delle ore lavorate nel settore privato degli Stati Uniti rimase immutato, mentre la produzione aumentò di oltre un terzo. Risultato ascrivibile a un’enorme crescita della produttività, a sua volta dovuta a gigantesche innovazioni organizzative e tecnologiche. Esse, insieme agli investimenti pubblici in strade e ferrovie, furono all’origine del boom postbellico americano.
In una vecchia pubblicità radiofonica, dopo il peccato originale Adamo esclamava preoccupato: “Eva, siamo condannati a lavorare!”. La prima donna dell’umanità rassicurava: “Ma no, Adamo, siamo condannati a innovare!”. Eva aveva ragione. Ma quanti – nel mondo politico e sindacale italiano – ne sono davvero convinti?