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Scongiurata chiusura pasquale degli Uffizi. A quando una strategia per la valorizzazione della cultura in Italia?

Si è conclusa ieri nel migliore dei modi la vertenza che ha tenuto col fiato sospeso le migliaia di turisti italiani e stranieri pronti a trascorrere le loro vacanze di Pasqua a Firenze col rischio di trovare i principali musei della città, Uffizi in primis, chiusi per sciopero. Si profilava, infatti, all’orizzonte una nuova Pompei, quando a inizio novembre dell’anno scorso, più di 3.000 turisti erano rimasti per due giorni fuori dai cancelli del sito archeologico, mentre i sindacati si riunivano in una serie di assemblee che il Soprintendente definì “pretestuose”.
Le premesse per una conclusione positiva della diatriba, in realtà, c’erano tutte: il Ministro per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo Franceschini, aveva già promesso ai sindacati di venire incontro alle loro richieste. I toni caldi, le minacce di scontro, le polemiche e le provocazioni sono parte del repertorio dialettico della trattativa sindacale.
Da una parte e dall’altra, infatti, erano volate parole dure e commenti non proprio fair: il sindacato aveva dichiarato che “le parole di un Ministro non bastano, vogliamo garanzie nero
su bianco” (affermazione che la dice lunga sui livelli di credibilità toccati della politica italiana) e aveva bollato la nota dell’Autorità di garanzia per gli scioperi come “arrogante”;
dall’altra, il Ministro Franceschini aveva accusato i sindacati di “autolesionismo”, il sindaco di Firenze, Dario Nardella parlava di “danno inspiegabile e sproporzionato”, mentre il
Presidente della Commissione Cultura del Senato, Marcucci, di “sciopero follia”.
Da ieri tutte le parti in causa possono cantar vittoria: i sindacati per aver ottenuto quanto richiesto, ovvero in sostanza l’inserimento della clausola sociale nei bandi di appalto dei
servizi aggiuntivi delle gallerie; il Ministero per aver scongiurato la chiusura dei Musei, salvaguardando l’immagine del Paese di fronte ai suoi cittadini e al mondo intero, e per aver
generosamente accolto la richiesta pressante dei sindacati anche quando una decisione dell’Autorità di garanzia per gli scioperi aveva dichiarato illegittimo lo sciopero previsto per Pasqua.
Senza entrare nel merito della singola vicenda, stupisce che un Paese che muove 214 miliardi di euro nella cultura* e che da anni – almeno a parole – punta a fare del turismo una delle leve
per il rilancio dell’economia del Paese, e in particolare del Sud, si trovi a dover fronteggiare ogni pochi mesi situazioni di emergenza come questa. Si potrebbe accusare il sindacato di immobilismo
e di voler difendere a tutti costi uno status quo non più sostenibile, oppure rinfacciare al Governo di agire con un’ansia riformista, che rischia di dimenticare le dovute tutele per i lavoratori.
Ma sia come sia, il punto è sempre lo stesso: l’Italia ha la fortuna di essere dotata del più invidiato patrimonio culturale del mondo, un patrimonio che per fortuna non è delocalizzabile o imitabile,
ma non riesce trovare una linea politica strategica capace di valorizzarlo in maniera adeguata. Almeno sul patrimonio culturale del Paese e la sua valorizzazione sarebbe auspicabile una condivisione di idee e strategie capace di superare le barriere degli schieramenti politici e sociali. Invece, i musei italiani continuano ad essere troppo in basso nelle classifiche mondiali dei visitatori (proprio gli Uffizi, il primo dei musei italiani è al 26° posto, in discesa**), la digitalizzazione dell’intera filiera, dalle aree archeologiche e museali alle imprese turistiche è ancora arretrata, e un recente studio di Confturismo rivela anche che se negli ultimi anni i turisti stranieri in Italia sono aumentati del 19%, passando da 42 a 50 milioni, la spesa media dei visitatori è calata tanto che spendono molto meno che in Spagna e Francia, con un divario che, se colmato, varrebbe 14 mld di euro in più all’anno***.
Alla fine, sembra che gli Italiani dovranno fare ancora una volta a meno della politica per tutelare e valorizzare il patrimonio dei loro avi; un’impressione che sembra trovare conferma in un dato, questo per fortuna confortante: mentre le sponsorizzazioni hanno subito un calo generalizzato, quelle destinate alla cultura sono in controtendenza, con una crescita del 6.3% tra il 2012 e il 2013*.
Una spinta che si spera sarà sostenuta dagli effetti dell’Art Bonus, che finalmente apre le porte ad un più ampio mecenatismo del settore privato a sostegno della conservazione e dello sviluppo della cultura in Italia.

*fonte: rapporto Io Sono Cultura della Fondazione Symbola e Unioncamere 2014
**fonte: The Art Newspaper, Special Report, Visitors figures 2013
*** fonte: Confturismo – Confcommercio, leggi la notizia

Avv. Marco Cardia

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