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Tragedia nella tragedia

Con i tanti martiri del terzo millennio, nel Mediterraneo sono morte anche l’idea di persona umana e l’idea di una politica che abbia visioni di convivenza e che decida. Il Mediterraneo è una tragedia nella tragedia, un luogo ampio nel quale si è toccato il fondo di quella che noi chiamiamo civiltà; si sono aperte le porte dell’inciviltà, dell’inumano, di ciò che non avremmo mai più voluto vedere nelle nostre vite.

E’ morta l’idea di persona umana. Se possono accadere tragedie come quelle di ieri, e contemporaneamente  si può invocare una “comunità internazionale” che esiste soltanto nelle fastidiosissime dichiarazioni ufficiali, abbiamo un problema. Il grande paradosso è che vorremmo resuscitare l’idea di comunità mentre uccidiamo quella di persona.

Chi ci crede, ha la grande missione strategica di ridare vita, senso, dignità, all’idea di persona umana. Non ci si può arrendere alla cronaca, dobbiamo riappropriarci della storia. E dobbiamo farlo alzando l’asticella dell’impegno, non mettendo una civiltà contro l’altra e rifiutando ogni forma di competizione fra valori ma insistendo e lavorando per la loro incarnazione. Ci vuole un grande, e diffuso, impegno culturale; e bisogna che ciascuno di noi si metta in gioco, che lo faccia al di là della propria appartenenza, in quanto essere umano. E’ necessario recuperare la dimensione progettuale della vita che ci fa essere unici ma non onnipotenti e, dunque, bisognosi di ogni “altro DI noi”. Ogni persona umana ha in sé tutti i talenti e tutte le contraddizioni del mondo e le incarna in modo unico ed irripetibile; è questo mistero che dobbiamo “far resuscitare”, senza se e senza ma. E ciò è ancora più importante in quanto sentiamo parlare di “masse” che vanno via dai loro Paesi e che, in molti casi, finiscono nelle profondità del mare; e poi le “masse” richiamano pagine storiche che tendiamo a dimenticare ma che, realisticamente, stiamo rivivendo.

E’ morta l’idea di una politica che abbia visioni di convivenza e che decida. Quando la politica abdica alla propria “natura complessa” di mediazione dei rapporti di forza e degli interessi particolari e di liberazione del progetto umano, diventa semplice amministrazione dell’esistente. Abbiamo “presunti decisori non visionari” che guardano le acque del Mediterraneo, fanno dichiarazioni, strumentalizzano, polemizzano: la politica che vediamo è unicamente focalizzata sulla raccolta del consenso e ciò non è più accettabile. E’ ora che i cosiddetti “politici” avvertano in loro le responsabilità storiche che incarnano, al di là delle più o meno imminenti scadenze elettorali; in questa fase, infatti, l’ansia per tali scadenze corrisponde in pieno allo “scadimento” della politica stessa.

 



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