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Tutte le fragilità del centrale Pd di Renzi

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di  Sergio Soave apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Con le solite lamentele altisonanti l’opposizione interna al Partito democratico si è eroicamente assentata dalla votazione nella direzione del partito sulla legge elettorale, preparandosi all’ennesima penultima battaglia con i consueti penultimatum. Non varrebbe nemmeno la pena di occuparsi dell’ennesima replica di una sceneggiata poco divertente, se non fosse per l’effetto prospettico che fa assomigliare il Pd di Matteo Renzi una replica, anche se un po’ caricaturale, della Dc della quale Aldo Moro diceva che era costretta a fare anche l’opposizione a se stessa. Moro in un certo senso lamentava l’impraticabilità, finché durava la divisione del mondo in blocchi contrapposti, di una democrazia dell’alternanza in Italia.

Ora, però, non ci sono condizionamenti internazionali di quel tipo (ce ne sono altri, centrati sull’Unione europea, magari più stringenti ma che non impediscono i ricambi in politica interna) e l’alternanza bene o male è stata in auge per vent’anni. Il fatto che sembri tornata egualmente un’epoca di fissità dei ruoli di governo e di opposizione, con le lotte di corrente all’interno del partito di governo come motore centrale dell’evoluzione politica forse è solo l’effetto di una percezione imprecisa.

Esiste uno spazio politico alla sinistra e uno alla destra del Pd, spazi che sono ora terreno di scontro tra feudi o compagnie di ventura, ma che potrebbero diventare o tornare a essere competitivi se sapessero unirsi per prospettare alternative politiche reali, che esistono in Italia come in tutte le altre democrazie, ma sono oscurate dal prevalere degli scontri intestini. Forse è proprio la sensazione di non dover affrontare una concorrenza esterna a spingere l’opposizione interna al Pd a tirare la corda fino al limite della rottura e il premier a minacciare a ogni piè sospinto elezioni anticipate come se queste servissero solo a regolare i conti interni, in assenza di competitori in qualche modo pericolosi per il suo potere.

Però l’alternanza democratica non è scomparsa dall’orizzonte, quello che l’annebbia è un’illusione ottica. Il Pd non è la Dc che non poteva andare all’opposizione e che quando è rimasta in minoranza è scomparsa, il Pd è un partito i sinistra moderata con ambizioni di governo che deve confrontarsi con un centrodestra con le stesse caratteristiche e una sinistra che raccoglie l’insoddisfazione e l’antagonismo. Quando anche gli oppositori interni di Renzi e Renzi stesso si renderanno conto che la presunzione di inamovibilità dal potere è fondata solo su dati transitori, la loro discussione diventerà un dato politico costruttivo e non una reciproca esibizione di sicumere.


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