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Aspettando la “Settimana italiana dell’insegnante”

Dopo le piazze piene e le aule vuote, il popolo dei registri raccontiamolo, parola di “studenti”.

La professione che piu’ di tutti lascia traccia nella vita, è la loro, e allora pensiamo al male e al bene che la scuola ci ha fatto, partendo lunedì con la “settimana italiana dell’insegnante”. #RingraziaUnDocente

Quei tanti Gianni e Pierino a cui la scuola ha dato un’altra chance, ai primi di acquisire i mezzi, agli altri un fine. Perche’ saper tradurre una versione di greco restando freddi all’etica o risolvere un problema e non farsene nessuno davanti le speculazioni finanziarie da professionisti, potrebbe non essere stata una buona scuola. E se ci pensate bene vi appariranno dei nomi e dei volti, delle mani e delle voci, persino la camminata, ed è di quegli insegnanti che hanno saputo non far compromessi tra i mezzi e i fini, per loro sostanziali entrambi. Come l’insegnante di Greco di Erri De Luca, “In alto a sinistra”, come la mia maestra d’italiano. Petronilla. E ne ho avuti di insegnanti, tra supplenze annuali, cambi di citta’, e soprattutto, riforme, come quelle per cui si passava da un insegnante unico a tre, alla scuola elementare. A un numero enorme alle medie e poi di nuovo al ginnasio e infine al liceo.

In quarta e quinta elementare in Sicilia ho trovato l’insegnante esattamente come l’avevo sempre immaginata. Ancora prima tutta la mia classe nel Lazio adorava, compreso io, Lucia, era al suo primo anno di cattedra, quando mangiava un cornetto, ci guardava tutti e lo divideva in 18 pezzi, la sua collega più adulta le diceva: “ma che fai? non devi farti nessuno scrupolo”.

Ci faceva fare compiti in classe in seconda, avevamo sette anni, solo l’anno prima avevamo imparato a scrivere, con domande e risposte di storia. Prendevamo voti bassissimi. A un compagno assente durante il compito l’insegnante fece l’interrogazione orale e andò decisamente meglio di noi, chiese allora “come mai?”, e scoprimmo tutti insieme che dal processo dialogico si impara di piu’, invece di girare intorno ai banchi senza poter dare insegnamento perché quella fase è solo un pezzo del pacchetto monte ore, e parlare di Storia tutti insieme ci piaceva tantissimo, anche i nostri voti, a quel punto, ma solo in seconda battuta, non erano insomma la priorita’.

La sua collega, invece, quella che le consigliava di non badare a noi vi ricordate? beh lei insegnava matematica quell’anno. Ne combinava di tutti i colori, un giorno sentii una legge che riguardava il secondo nome e così alla prima occasione scolastica lo usai. Questa signora mi chiamò e mi disse: “devi scegliere”, io: “non ho capito maestra”, lei insistette, “non far finta di non capire, a me non interessano le relazioni sentimentali ma tu devi scegliere Benedetta, o Gaia o Cosmi, non puoi mica avere due cognomi”.

Oddio, per fortuna che a quanto pare ero una bimba sicura di me perché una cosa del genere avrebbe potuto scuotere qualcuno. Come si fa a pensare che Gaia sia un cognome? come si fa a mettere un bambino, anche fosse, davanti una scelta cosi’ e soprattutto oggi come starà vivendo la legge che consente il doppio cognome?!

Tutti quasi, davvero tutti gli altri insegnanti li ho apprezzati, eccetto tre massimo quattro, li sto contando, ma vi ripeto ne ho avuti talmente tanti che è una buonissima percentuale. Della prima abbiamo già parlato, è la stessa che ha alzato la maglia a una bimba per vedere se fosse vero che avesse fatto le analisi del sangue, umiliandola davanti tutta la classe tanto che un bimbo, paradossalmente “il coccobello della maestra” come si diceva una volta, ha detto: “maestra posso testimoniare di aver visto questa mattina alle 7.30 passare l’auto davanti casa mia”. È così che un’aula di scuola era diventata un’aula di tribunale. Dove un bimbo aveva intravisto un trattamento di favore verso se stesso e l’acidita’ verso la compagna”. Ma a volte mi sembra che sia passato un secolo. E in effetti è passato, visto che era il 1991.

Scrivevamo con le penne cancellabili, non azzeccavamo mai il quaderno con il quadretto giusto, e non sapevamo immaginare che un giorno sarebbe potuto essere superflua la bella e brutta copia perché sarebbero bastati due click: copia e incolla.

Certo due insegnanti così in posti importanti della nostra formazione potrebbero essere parecchio dannosi, così come parecchio utili, è stato il mio caso, penso di esserne uscita rafforzata dal conflitto al liceo con uno dei mie 4 insegnati di italiano (in 5 anni). E questo si deve agli altri altri trenta che mi hanno reso quello che sono, “capace di trovare il meglio da ogni cosa”. Persino dai due colleghi mediocri.

Parliamo invece di Petronilla, in particolare, quando anziché frustrarre le predisposizioni di Johnny, di Benedetta ecc le incoraggiava, le faceva vivere a tutta la classe, anzi a tutta la sezione come quella volta che coinvolgemmo la scuola in delle elezioni per il partito APS Amici per sempre. Dall’altra parte era nato un giornale di opposizione che spingeva verso il “No”.  Nel frattempo sulla giacchetta vi era sempre la nostra spilletta con il simbolo e il nome, anche all’esame di V elementare, per l’insegnate era divenuto un momento per noi formativo, non solo un gioco.

Ed era quella seria, insegnante intransigente, capace di esigere e far studiare, molto elegante, una bellissima signora, dai modi gentili ma non amichevoli, vicina quando serviva, lei c’era per tutti ma nel rispetto dei ruoli, orgogliosa di noi e noi di lei, sfogliava le nostre poesie e metteva dei rigorosi voti, faceva gare dei verbi non umiliava mai nessuno ma spronava ad essere tra i migliori. Non creava competizione ma se vi era faceva il giusto arbitro.

Poi vi era la collega di matematica mi prendeva sulle gambe, quando suonava la campanella di uscita, tanto i miei mi recuperavamo sempre con qualche minuto di ritardo, e la scuola permetteva un quarto d’ora “accademico”, ci teneva a sottopormi a problemi di logica per ragazzi più grandi e sempre più difficili a quanto diceva, ma non mi sembravano difficili.

Ero triste perché con noi sarebbe stato il suo ultimo anno di insegnamento, poi una legge la costringeva alla pensione e lei amava invece stare a scuola. Anche questo ricordo mi fa sorridere e dire: “è proprio passato un secolo!”.

A volte come studente mi sarebbe piaciuto avere insegnanti capaci di pretendere tantissimo, perché a volte mi veniva il dubbio che fossero troppo gentili con me, troppo generosi nei complimenti, troppi elogi, vivevo con il dubbio se fossero veri. Una strana sensazione ma forse perché avevo conosciuto la durezza, gratuita.

Cosi’ all’ultimo anno di Liceo Classico iniziai a studiare i libri di Quintiliano, e sembrava mi parlassero, invitava ogni insegnante…

“Sia irascibile il minimo indispensabile né però dissimulatore di quelle cose che devono essere corrette”.

I presidi sono stati i migliori elementi delle mie scuole… quando si chiamavano direttori scolastici prima e poi…. non ancora dirigenti ne’ sindaci.

Oggi che amo ancora la scuola ma per lavoro studio come possono essere fuori dall’Italia dico che i momenti più belli della mia scuola si sono svolti in una sede distaccata, al pian terreno di un palazzo, con solo tre sezioni, con pochi mezzi e dei bravissimi insegnanti, l’elemento più importante su cui non risparmiare mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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