Nelle Previsioni Economiche di Primavera, come atteso la Commissione Ue ha apportato modifiche solo lievi allo scenario macro. La stima di crescita del PIL 2015 è stata alzata dall’1,3% all’1,5% mentre quella per il 2016 è stata confermata all’1,9%. Ciò è avvenuto in coincidenza con una valutazione meno ottimistica sul PIL mondiale. La crescita sopra il potenziale (stimato allo 0,8%) quest’anno è dovuta all’impatto di condizioni monetarie più espansive (+0,8%, che incorpora sia le misure prese dalla BCE che l’indebolimento del tasso di cambio) e dello shock sul petrolio (impatto +0,5%). Il ciclo è viceversa frenato per lo 0,2% dalle tensioni geopolitiche (soprattutto dal fronte russo-ucraino), nonché per lo 0,4% da una componente residuale, probabilmente spiegata dall’eredità negativa della crisi, dal processo di deleveraging e dalla perdurante incertezza.
Le nostre stime di crescita per l’area euro sono in linea con quelle della Commissione per il 2015 (1,5%) e lievemente più ottimistiche per il 2016 (2%). Le Previsioni di Primavera rivedono anche lievemente al ribasso le stime sul tasso di disoccupazione per il biennio in corso. Infine, la Commissione ha ritoccato al rialzo di due decimi le previsioni d’inflazione (il CPI è ora visto a 0,1% nel 2015 e a 1,5% nel 2016).
La parte più interessante è rappresentata dalle stime dei saldi di finanza pubblica (a politiche invariate), che costituiranno il punto di partenza per la valutazione dei Programmi di Stabilità. Per l’insieme dell’area euro, la stima sul saldo strutturale migliora di un decimo sia nel 2015 che nel 2016, per effetto del calo della spesa per interessi. Tuttavia, il saldo strutturale peggiora dal -0,8% dell’anno scorso al -0,9% di quest’anno e al -1,1% del 2016.
La situazione più delicata – tra i principali Paesi – resta quella della Spagna, nonostante i progressi sul fronte della crescita (rivista al rialzo di mezzo punto per quest’anno, al 2,8%, e di un decimo per l’anno prossimo, al 2,6%). A politiche vigenti il deficit strutturale è visto peggiorare al 2,4% nel 2015 e al 2,6% nel 2016 (dal 2% del 2014). Poiché le nuove regole del Patto implicherebbero una correzione di un quarto di punto quest’anno e di mezzo punto il prossimo, ciò significa che, rispetto al tendenziale, sarebbe necessaria una correzione di ben lo 0,7% del PIL sia nel 2015 che nel 2016. Visto l’approssimarsi della scadenza elettorale, difficilmente tale obiettivo sarà raggiunto. Peraltro, le stime sul saldo strutturale incluse dal governo nel Programma di Stabilità sono molto lontane da quelle della Commissione (-0,9% nel 2014, che migliora sino a -0,6% nel 2016).
Un’altra situazione “controversa” è quella della Francia. In questo caso non c’è una revisione al rialzo sostanziale delle stime di crescita (ritoccate di appena un decimo, al rialzo all’1,1% nel 2015 e al ribasso all’1,7% nel 2016). I saldi tendenziali di finanza pubblica, pur migliorando rispetto alle stime precedenti, restano disallineati rispetto agli obiettivi: una riduzione di mezzo punto del deficit strutturale (già inclusa nel Patto di Stabilità, e quindi non “contestata” formalmente dal governo, ma ancora da implementare) richiederebbe per la Francia, rispetto al tendenziale, una correzione aggiuntiva di 0,2% quest’anno e di 0,5% il prossimo.
Per l’Italia, la Commissione ha sostanzialmente confermato le stime di crescita (a 0,6% nel 2015 e a 1,4% nel 2016, da 1,3% precedente). Anche le proiezioni di finanza pubblica sono sostanzialmente invariate (deficit a 2,6% quest’anno e a 2% il prossimo; deficit strutturale a 0,7% e 0,8%). Il miglioramento del saldo tendenziale stimato dalla Commissione (0,2%) è sostanzialmente in linea con le regole del Patto (0,25%) quest’anno; tuttavia, per l’anno prossimo il tendenziale è visto peggiorare di un decimo mentre il Patto richiederebbe un aggiustamento di 0,5% (e il governo nel Patto di Stabilità ha “offerto” appena lo 0,1%).
Pertanto, non è da escludere che si apra un negoziato con Bruxelles proprio in merito all’entità dell’aggiustamento fiscale nel 2016 (la partita si giocherà in autunno in sede di Legge di Stabilità). Inoltre, sui conti di quest’anno potrebbe pesare la recente sentenza della Consulta sulla mancata rivalutazione delle pensioni nel 2012-13, che crea un ammanco da 8-9 mld complessivi dal 2012 (3 mld l’anno dal 2015 ovvero lo 0,2% del PIL). Insomma, anche per l’Italia i fronti aperti di negoziato con Bruxelles potrebbero essere molteplici.