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Competition is competition: thank you, Cameron!

 

Il trionfo di David Cameron. Netto, chiaro, inequivocabile, ai limiti del brutale, nei confronti di un Labour che ha perso perfino il sostegno dell’ Independent.

L’inghilterra fortunatamente non è Europa. Perché l’Europa non parla inglese, è solo il residuo stantio e povero del cascame nichilista e, insieme, totalitario della rivoluzione francese, il massimo della posizione reazionaria. Il Regno Unito è il mondo anglosassone che ha conservato l’equilibrio e la radicalità, ad un tempo, del common sense e, al dunque, sa sempre cosa fare e chi scegliere. Da quelle parti, gli sfigati non funzionano e neanche i tromboni senza storia e legittimazione politica. Là funziona soltanto la realtà, as a matter of fact, il resto è davvero noia. Il Labour è un alambicco in fermento di raziocinanti alchimie senza più alcun costrutto e legame con la realtà, tant’è vero che da più parti gli analisti seri si domandano: ma questo gruppo di elitari baroni politicanti vuole ritornare a Marx, distruggendo così il livello di prosperità del Regno Unito? Il popolo sovrano ha risposto: no, grazie, tornate a vivere di passato, di blairismo rimasticato, fingendo di non cogliere che da Cameron rinasce la stessa Inghilterra che il grande Tony nazionale aveva rimesso in carreggiata, dopo i cicli non indolori, ma generativi al top, della gigantesca Maggie Thatcher.

Quando accade qualcosa di così storicamente eccitante, piaccia o meno ai benpensanti sinistrati ed europeisti, io gongolo e vado fino alle estreme conseguenze: finalmente abbiamo un competitor interno al baraccone eurocratico. Cameron ci sta dentro, a modo suo, cioè considerandosi altro e così è, infatti. Il referendum sulla permanenza dell’Inghilterra nella UE è il segno oggettivo di una competizione interna a quell’establishment di marca teutonica, con la presenza di un quarto reich zoppo e imbarazzante, gestito goffamente da una Merkel che non riuscirebbe a pensare in grande neanche se costretta ad una serie massiccia di sedute di neuroimaging. Anziché di un giudice a Berlino, noi oggi abbiamo bisogno di un alleato a Londra e ora ce l’abbiamo.

Competition is competition. Per la Merkel, vale il motto di Hegel: se i fatti non si accordano con la teoria (=ideologia), allora tanto peggio per i fatti (non a caso, un leit-motiv di Lenin). Per Cameron, vale la replica puntuale e puntigliosa di Burke a simili sterili, ma pericolosi sofismi: “I supposti diritti di questi teorici sono tutti estremi: rispetto a quanto si ritengano metafisicamente veri, sono moralmente e politicamente falsi”.

Tradotto: la Ue è l’ultimo dogma dei nichilisti che, pur di affermarsi, ammazza non solo Dio, ma tutto ciò che da Lui deriva – dalla persona nei suoi diritti naturali, alla famiglia, per finire con la vita, ridotta a un campo di sperimentazione ad uso e consumo della nuova ideologia gender che francamente ha origini inquietanti. Cameron non è innocente per nascita, perché, ad esempio, certa eugenetica nasce prima in Inghilterra, nel tardo XIX° sec., e dopo trova terreno fertile nella Germania nazista, ma è molto cool per disimpegno politico e strategico nei confronti della legittimazione di questa spazzatura ideologica e di ciò che, in termini di solidarietà pelosa e senza conseguenze, traspare oggi, leggere alla voce sbarchi di presunti “disperati”, di fatto esercito di riserva della rivoluzione jihadista dell’Isis, sulle coste italiane.

Ecco, su tutto questo Cameron è un alleato, un amico, un sodale e – finalmente – un competitor nel ventre molle di questa dittatura molliccia che si chiama UE.

So, competition is competition: thank you, Cameron!



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