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Crisi cinese, primi divorzi nelle jv col Drago

Frenata moralizzatrice dello shopping di lusso, successo crescente dei marchi made in China, caccia a brand di media dimensione da rilanciare oltre Grande muraglia, griffe impantanate nell’eccesso di visibilità, mercato grigio e riallineamento dei listini d’alta gamma tra le due parti del mondo. Lo scenario, in Cina, ha cambiato colore nel giro di un anno, con una velocità impressionante e una profondità non prevedibile. Adesso, cominciano ad arrivare i primi scricchiolii delle partnership siglate quando tutto sembrava proiettato verso una crescita senza fine. Il doppio segnale arriva da due protagonisti delle produzioni made in Italy, in rappresentanza di diversi segmenti di mercato: Zegna e Geox.

Zegna, in base a quanto riportato oggi dal Corriere della Sera, ha espresso la volontà di uscire dalla joint venture Sharmoon siglata 12 anni fa con il socio cinese Chen. Il gruppo biellese ha il 50% della società specializzata nella produzione di abiti e giacche di alta qualità per uomo distribuiti solo in Cina.

L’altro caso riguarda Geox, ed è riportato dall’edizione odierna di Repubblica che cita quanto comunicato dall’azienda veneta. Il gruppo della scarpa che respira ha avviato un arbitrato con il partner locale per la distribuzione in Cina al di fuori delle aree di Shanghai e Pechino (dove Geox sta aprendo punti vendita diretti). Il quotidiano riporta che si tratta di “questioni principalmente di carattere finanziario legate alle dimensioni” del partner, che hanno provocato “ripetute violazioni contrattuali” con la “parziale cancellazione degli ordini”.

Oltre al cambio di congiuntura, sembra emergere anche un cambio di ‘clima’. In entrambi i casi, infatti, si è rotto il rapporto di fiducia in seguito a un mutato atteggiamento da parte dei partner locali. Nel caso di Geox, con un denunciato freno agli investimenti sul marchio italiano. Nel caso di Zegna, si parla della ricerca di una diversa visibilità richiesta dall’azienda cinese, non concessa dai piemontesi.


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