Ignazio Visco nelle sue considerazioni finali all’assemblea non ha nascosto il plauso e l’incoraggiamento nei confronti del governo. La nave va, meglio non mettersi di traverso. Ma non solo. Secondo autorevoli interpretazioni, il ragionamento è il seguente: il cambiamento è in corso, la Banca d’Italia, per il suo ruolo istituzionale e per la convinzione dell’attuale gruppo dirigente, ha intenzione di sostenerlo; anzi, se possibile, accelerarlo. Sia il discorso del governatore sia (ancora più), la relazione annuale, sono prodighi di suggerimenti e di proposte. Potremmo chiamarla una agenda di governo per il Renzi bis, cioè la “ripartenza” dopo le elezioni regionali che, comunque vadano, sono un campanello d’allarme sulla tenuta e la solidità della rottamazione.
Usando metafora automobilistica, ci vuole un tagliando per far carburare meglio il motore. Il capo del governo dice che non si accontenta di una crescita zero virgola, ma se non ci sarà una qualche accelerata nemmeno questa è garantita e non solo per le incognite esterne come la crisi greca. Vediamo, dunque, quali sono le riforme che Bankitalia suggerisce.
1- Al primo posto c’è la Pubblica amministrazione. E qui non siamo nemmeno ai blocchi di partenza. Secondo Bankitalia questa è la grande palla al piede che ostacola la crescita e allontana gli investimenti esteri. “Sulla base degli indicatori della Banca Mondiale – scrive la relazione – l’azione delle amministrazioni pubbliche italiane rimane meno efficace nel confronto con le principali economie”. In questo capitolo, trattato ampiamente, rientra anche la riforma della giustizia civile, la certezza e i tempi di pagamento delle fatture (gli arretrati non sono ancora smaltiti), l’autorizzazione per le attività produttive da parte dei comuni e una lunga serie di altre debolezze croniche. Per questo rimandiamo i volenterosi e il ministro Marianna Madia alla lettura.
Ma un punto chiave e forse il più dolente, riguarda i dipendenti pubblici: “L’attività dell’impiego pubblico che risente di percorsi di carriera che non compensano adeguatamente competenze e merito, sia di modalità di reclutamento non sempre sufficientemente selettive e che accrescono l’incertezza circa la stabilità del rapporto; l’efficacia dei sistemi di valutazione delle performance organizzative e individuali; le tecnologie dell’informazione, ancora poco diffuse e scarsamente impiegate nell’erogazione dei servizi dell’utenza”. Dopo la buona scuola, la buona PA. Traduciamo in italiano: merito, selezione, assunzioni non clientelari, fine delle promozioni automatiche, salari differenziati, internet, occupazione stabile, ma anche mobilità e non solo volontaria. Licenziamenti? Bankitalia non lo dice, ma tutti sanno che questo è il tabù che nemmeno Renzi è riuscito ad abbattere.
2- Banche. Sulla bad bank la discussione è in corso nel governo e la trattativa è aperta con Bruxelles che per ora continua a considerarla aiuto di Stato. Si sa che Padoan è convinto, ma l’impressione è che non sia così nell’insieme del governo. Renzi ha provato a sollecitare un incontro con Jean-Claude Juncker però tutto si è risolto in una telefonata. Eppure se non si liberano le banche dai prestiti marci (350 miliardi), non ci sono investimenti e non c’è vera ripresa. E’, dunque, una riforma importante che non si deve risolvere in regali alle banche che hanno prestato ad amici e clienti senza badare al rischio, né con un esborso secco dei contribuenti. Secondo Il Fatto è un regalo secco ai banksters. In realtà, esistono strumenti e modi per evitarlo, per accoppiare Stato e mercato come ha esortato Visco. Tuttavia è ora che esca allo scoperto una proposta articolata, discussa dal Parlamento e dai cittadini che mettono i loro soldi in banca. Anche perché dal prossimo primo gennaio, in caso di bancarotta pagheranno loro con il bali-in.
3- Il Jobs Act è stato apprezzato da Visco. Rischia però di restare a metà del guado se non è accompagnato da seri programmi di riconversione e riqualificazione dei lavoratori e se non c’è una indennità di disoccupazione come negli altri Paesi europei. La Banca d’Italia avanza una proposta originale: uno schema di assicurazione nell’area euro basata su un fondo finanziato da tutti gli stati membri con aliquote variabili. Sarebbe meglio un’aliquota unica, ma al momento sarebbe una fuga in avanti. Ciò consentirebbe di affrontare anche la vexata questio della cassa integrazione: è vero che ha funzionato bene come ammortizzatore sociale, ma ha ingessato sia il mercato del lavoro sia la riconversione industriale, senza contare le risorse consistenti accollate sull’insieme dei contribuenti.
4- La riforma dei fallimenti è un passaggio chiave sia per affrontare la transizione del sistema economico sia per favorire lo stesso funzionamento della bad bank. Ci sono discussioni aperte al ministero dello Sviluppo, ma Visco ne ha fatto un tema di primaria importanza e di grande urgenza.
5- Il neostatalismo. Il governatore si è espresso chiaramente a favore di un intervento pubblico in caso di fallimenti del mercato. Ci sono dei passaggi che sembrano scritti da Franco Bassanini, scherzava qualcuno ieri nel foyer. Ma si sa che è una convinzione teorica di Visco il quale non appartiene alla scuola neoliberista. Ma finora il governo è intervenuto caso per caso, per affrontare le emergenze, la Cassa depositi e prestiti si è fatta avanti con grande attivismo volontaristico. Ma un eccesso di impegni rischia di inficiare la stessa natura della Cdp, oltre a sollevare interrogativi sulle effettive risorse che può mobilitare senza portare il risparmio postale su terreni ad alto rischio. Dunque, è ora che il governo affronti al questione in modo organico, chiarendo anche quali sono gli strumenti di intervento, quali sono le loro risorse, a quanto ammonta la copertura dello Stato e il rischio dei contribuenti, quali sono i limiti che il governo non deve superare. Vasto programma. Ma non si può andare avanti col modello Ilva.
In conclusione, il governo farebbe bene a leggere con attenzione la relazione della Banca d’Italia e gli studi che ci sono dietro (sono tutti indicati in nota, alcuni scritti in inglese, ma a Palazzo Chigi non dovrebbero avere problemi). Quanto ai sindacati, su pubblica amministrazione, banche, mercato del lavoro, cassa integrazione, intervento pubblico, finora hanno solo fatto resistenza per difendere l’esistente. E poi Susanna Camusso dice che questa è la vera sinistra. Una volta era la destra che conservava e la sinistra che cambiava. Può darsi che tutte le chiacchiere sulla società liquida abbiano fatto sciogliere non solo gli storici schieramenti, ma anche i cervelli.
Stefano Cingolani