Ancora più ombre che luci dai dati su inflazione e disoccupazione.
I dati sull’inflazione ad aprile hanno mostrato prezzi al consumo in salita più del previsto, di 0,3% m/m secondo l’indice nazionale e 0,5% m/m in base all’armonizzato Ue. L’inflazione annua è risultata pari a zero su entrambi gli indici (in salita di un decimo sul NIC, stabile sull’IAPC). L’aumento è dovuto ai rincari di ben 1,7% m/m per alberghi e ristoranti e di 0,6% m/m per le spese per il tempo libero (per via della Pasqua nel mese), oltre che di 0,5% m/m per i trasporti (sui quali, oltre alle festività pasquali, ha inciso l’ulteriore risalita dei prezzi dei carburanti). Viceversa, sono calati i prezzi delle comunicazioni (-0,6% m/m per il secondo mese consecutivo) e delle spese per la casa (-0,5% m/m, grazie al calo delle tariffe di luce e gas).
L’inflazione “di fondo” (al netto di energetici e alimentari) è rimasta stabile a 0,4%. Invariata anche l’inflazione al netto della sola energia (a 0,6%) e quella
sui beni a più alta frequenza di acquisto (a zero). In sintesi, la maggior parte dei rincari sono di natura stagionale e legati alle festività pasquali. Tuttavia, il dato conferma che il punto di minimo per l’inflazione è alle spalle (è stato toccato a gennaio, a -0,6% sul NIC e -0,5% sull’armonizzato) e pertanto i rischi di deflazione si confermano in calo.
Stimiamo un CPI circa stabile in un intorno dello zero nei prossimi mesi, in attesa di rimbalzare solo nei mesi autunnali. In media d’anno l’inflazione nel 2015 dovrebbe risultare molto simile a quella vista l’anno scorso (0,2%). Il CPI è atteso tornare sopra l’1% solo l’anno prossimo.
La disoccupazione è aumentata a sorpresa per il secondo mese consecutivo a marzo, dopo il calo che aveva caratterizzato i due mesi precedenti. Il tasso dei senza-lavoro è arrivato al 13% dal 12,7% di febbraio, ritornando molto vicino al massimo storico di 13,2% toccato lo scorso novembre. L’aumento di tre decimi è interamente dovuto alla diminuzione degli occupati (-0,3% m/m), che sono calati di oltre 50 mila unità per il secondo mese consecutivo. Di conseguenza il tasso di occupazione è sceso di due decimi al 55,5%, riavvicinandosi al minimo storico di 55,3% toccato a settembre 2013.
Si nota anche un calo degli inattivi (-13 mila unità) speculare rispetto all’aumento del mese precedente, che potrebbe essere legato al maggiore ottimismo circa le possibilità di trovare un lavoro che era emerso dall’indagine di fiducia delle famiglie a marzo. Il tasso di disoccupazione giovanile (nella fascia d’età 15-24 anni) è salito per il terzo mese consecutivo, a 43,1% dal 42,8% precedente. Anche in questo caso il livello torna vicino al record di 43,5% toccato in marzo e agosto dell’anno scorso.
In sintesi, se il dato sul CPI è la conferma che i rischi di deflazione sono in calo, preoccupa il permanere della disoccupazione su livelli vicini ai massimi storici. Peraltro, l’indagine Istat smentisce i segnali positivi che erano arrivati dai dati del Ministero del Lavoro che registravano un saldo positivo di +92 mila nuovi contratti a marzo.
Tuttavia, ci sembra prematuro trarre indicazioni troppo pessimistiche: 1) il Jobs Act è entrato in vigore solo nel corso del mese (dal 6 marzo per la precisione) e ci vorrà tempo prima che dispieghi interamente i suoi effetti; peraltro, anche a parità di posti di lavoro, la trasformazione di contratti temporanei in
permanenti ha comunque effetti positivi sulla propensione alla spesa delle famiglie; 2) le imprese sembrano voler aspettare segnali più chiari di rafforzamento della domanda prima di incrementare la produzione e rafforzare gli organici; a nostro avviso, è solo questione di mesi affinché ciò possa avvenire; 3) una pressione al rialzo sul tasso di disoccupazione potrebbe venire dal calo degli inattivi che in questa fase potrebbe essere legato a una diminuzione dell’effetto-scoraggiamento.