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Unicredit, Intesa, Mps. Ecco la bad bank voluta da Ignazio Visco

Non bisogna seguire modelli esteri, non ci deve essere alcun aiuto di Stato, gli acquisti dei prestiti in sofferenza dovranno essere realizzati a valori di mercato.

Sono i suggerimenti, piuttosto pressanti, per una sorta di bad bank (che non è chiamata così ma il governatore Ignazio Visco l’ha definita proprio così di recente) che arrivano dalla Banca d’Italia.

No, nessun documento riservato. Tutto scritto in un approfondimento del recentissimo Rapporto sulla stabilità finanziaria redatto come ogni anno dall’Istituto di via Nazionale.

Del tema governo e Bruxelles ne stanno parlando, al di là di smentite e mezze parole. E il forcing anche mediatico che arriva da Palazzo Koch sembra piuttosto inconcludente, visto che se ne parla da mesi, se non da anni, ma  – al di là della bontà o meno dell’ipotesi del progetto, su cui tra l’altro le maggiori banche non intendono partecipare – al momento nulla di concreto si vede all’orizzonte. E pure il rapporto di Bankitalia non chiarisce chi debbano essere gli azionisti di questa società-veicolo.

COSA SI LEGGE NEL RAPPORTO

Ecco quello che scrive l’Istituto centrale governato da Visco: “L’istituzione di una società specializzata per l’acquisto di crediti deteriorati (asset management company, AMC) e la conseguente riduzione del peso delle partite anomale nei bilanci delle banche avrebbero numerosi e importanti effetti positivi”. Primo: “Si tradurrebbero in minori costi di gestione e maggiore trasparenza dei bilanci, con ricadute positive sulle banche in termini di capacità di attrarre capitali e accesso ai mercati della raccolta all’ingrosso. Secondo: “Eliminerebbero i restanti vincoli all’offerta di prestiti, contribuendo a riavviare il mercato del credito e la ripresa degli investimenti. Terzo: si creerebbero “le premesse per processi di aggregazione, si favorirebbero la concorrenza sul mercato bancario e guadagni di efficienza”. Infine si “agevolerebbe lo sviluppo del mercato dei crediti deteriorati, in quanto l’AMC opererebbe come market maker e aumenterebbe la trasparenza di prezzo (si stima che nella media dei paesi europei che hanno istituito AMC, circa il 40 per cento delle transazioni di crediti deteriorati faccia capo alle AMC stesse)”.

I DETTAGLI TECNICI

Bankitalia entra poi nei dettagli: “L’intervento dell’AMC potrebbe essere limitato alle sofferenze ed escludere le altre categorie di crediti deteriorati (incagli e ristrutturati), per consentire alle banche di continuare a sostenere la clientela che versa in situazioni di difficoltà temporanea”. Ma come evitare un eccessivo aggravio operativo per l’AMC? Gli acquisti – secondo Palazzo Koch – potrebbero escludere le posizioni di valore inferiore a una certa soglia e riguardare i soli prestiti alle imprese, che rappresentano la componente principale dei crediti deteriorati”. Alcune ipotesi prevedono – si legge nel Rapporto sulla stabilità finanziaria – “un programma di acquisti per un valore di circa 100 miliardi al lordo delle rettifiche di valore”.

NO AIUTI DI STATO

“In base alla normativa europea, qualora l’istituzione di un’AMC su iniziativa pubblica configurasse un aiuto di Stato, dovrebbero essere adottate diverse misure (richiesta alle banche aderenti di piani di ristrutturazione, misure di burden sharing, cioè di condivisione degli oneri con azionisti e creditori subordinati) che, nel contesto italiano, appaiono incoerenti con la realizzazione dell’intervento”.

NIENTE MODELLI ESTERI

“L’AMC – secondo Bankitalia – dovrebbe pertanto avere caratteristiche diverse da quelle realizzate in altri paesi europei. In particolare, a differenza di quanto accaduto altrove, il veicolo acquisterebbe i prestiti in sofferenza al valore di mercato: il suo intervento non configurerebbe quindi un aiuto di Stato”.


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