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Ecco come la Nato pensa di fronteggiare Putin e Isis

Il tema della guerra ibrida sta entrando nelle discussioni di chi si trova a gestire e riflettere sugli attuali scenari di crisi che lambiscono sempre più l’Europa. I fronti interessati sono principalmente due: l’est di Putin e il sud dell’Isis. Trovare una definizione ufficiale di cosa si intenda per “guerra ibrida” non è cosa affatto facile. Tuttavia, riflettere sul tema serve per chi deve gestire situazioni critiche che minacciano di creare tensioni interne all’Alleanza Nato da una parte e instabilità regionale dall’altro.

IL DIBATTITO A ROMA

Il tema è stato oggetto della conferenza organizzata a Roma dal Nato defence college “Nato and new ways of warfare. Defeating hybrid threats”. Durante i due giorni di incontri alti ufficiali dell’Alleanza, diplomatici ed esperti del settore si sono riuniti per condividere e accrescere il dibattito sulle nuove sfide poste dall’attuale situazione della sicurezza internazionale.

CHI E’ IL RE DELLA GUERRA IBRIDA

Si parla di nuove sfide, ma in realtà di nuovo c’è ben poco. Il re della “guerra ibrida” è senza dubbio Mr. Putin. Il suo mix di impianti militari e non-militari, componenti convenzionali e irregolari – tra cui attacchi cyber e gestione della comunicazione – creano non poca ambiguità, è stata la conclusione della due giorni.

 

IL TRAGICO BILANCIO UCRAINO

Tutte azioni che destabilizzano seriamente il proprio target, producendo danni economici rilevanti e perdite umane inaccettabili. A oggi il conflitto in Ucraina è costato la vita a circa 8mila persone (2mila militari e 6mila civili) e ha prodotto perdite economiche che superano i 3 miliardi di dollari, come ha recentemente ricordato il primo ministro dell’Ucraina Arsenij Yatsenjuk. La strategia di Putin è talmente sottile da non superare la famosa soglia della guerra, rendendo difficile ogni forma di intervento difensivo. È questo l’elemento più preoccupante con cui l’Unione Europea e l’Alleanza sono chiamate a fare i conti.

CHE SUCCEDE SUL FRONTE SUD CON ISIS

Sul fronte sud la situazione non è certo migliore. L’instabilità economica, politica e sociale è diventata culla per l’espansione di una minaccia fluida che riempie dei vuoti di potere e cerca di stabilire il controllo su territori sempre più vasti. La coalizione anti-Isis guidata dagli Stati Uniti sta cercando di far fronte alla situazione. I raid aerei hanno indebolito molto il movimento e ogni Paese, in base alle proprie risorse, ha apportato il proprio contributo all’azione. Tuttavia – si è detto nella due giorni – risolvere il problema alla radice significa supportare uno sviluppo economico inesistente, creare istituzioni stabili e credibili e garantire il rispetto di diritti umani in troppi casi dimenticati.

UNA NUOVA NATO?

È considerando questi scenari che il ruolo della Nato, e dello strumento militare in generale, è stato messo in discussione. Come ha ricordato il generale Bartels, gli ultimi 20 metri restano sempre riservati al confronto armato (in alcuni casi necessario per difendere interessi di primaria importanza). Tuttavia è il momento di ragionare anche su altri livelli. In particolare, si richiede al settore militare di adeguare le proprie risposte a scenari che mutano rapidamente. È arrivata l’ora di cambiare mentalità e cultura dell’arte della difesa che deve raggiungere una flessibilità adeguata al periodo storico in cui viviamo.

LA RISPOSTA FLESSIBILE

Una minaccia ibrida richiede maggiore cooperazione tra gli alleati, più condivisione tra i servizi di intelligence, maggiore uso e monitoraggio dello strumento comunicativo – da quello classico ai social media – un adeguamento normativo relativo al trattamento dei dati che dia agli operatori internazionali la possibilità di agire in un contesto equilibrato e standardizzato. Inoltre, è necessario far convergere tutte le dimensioni che compongono la strategia di contrasto: la dimensione economica, quella politica e quella militare.


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