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Finmeccanica torna a volare in India

Novità in casa Finmeccanica. La società guidata da Mauro Moretti è stata nuovamente ammessa a partecipare ad una gara per la fornitura di elicotteri in India. Nonostante la notizia sia passata quasi sotto silenzio, rappresenta un passo importante per quel che riguarda la conclusione dell’annoso affaire che coinvolse nel 2013 Agusta-Westland, l’azienda italo-britannica controllata da Finmeccanica.

LA VICENDA

Allora la Procura di Busto Arsizio aprì un procedimento giudiziario nei confronti di AgustaWestland Ltd e Agusta spa per presunte tangenti (per l’ammontare di 51 milioni) versate al maresciallo indiano Sashi Tyagi, ex capo di Stato maggiore dell’aeronautica indiana per ottenere, da parte del Ministero della Difesa, un appalto da 560 milioni di euro per la fornitura di dodici elicotteri al governo di Nuova Delhi, oggetto di accordi nel 2010.

LE ACCUSE

Dopo mesi di indagini, a inizio luglio 2014 il pm Eugenio Fusco chiese sei anni di carcere senza attenuanti per l’ex amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi e cinque per l’ex amministratore delegato di Augusta Westland Bruno Spagnolini per corruzione internazionale e false fatturazioni. Il  magistrato chiese, inoltre, per entrambi gli imputati, «l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per tre anni; l’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione per 3 anni; l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo di 5 anni; l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente della commissione tributaria». Non solo. Il rappresentante della pubblica accusa chiese poi la confisca a Orsi e Spagnolini «di beni di cui gli imputati abbiano la disponibilità, per un valore di euro 7,5 milioni».

LA PRIMA SVOLTA NEL PROCESSO

A ottobre, mese in cui riprese il processo in primo grado, si ebbe una prima svolta nel caso. Il Tribunale di Busto Arsizio confermò la condanna per Orsi e Spagnolini a due anni per false fatture, limitate peraltro agli anni 2009 e 2010, e li assolse, invece, dall’imputazione di corruzione internazionale. L’assoluzione fu stabilita perché il fatto non sussisteva. I due ex dirigenti furono condannati a un anno di interdizione dai pubblici uffici, mentre per AgustaWestland si decise di confiscare oltre un milione di euro per il 2009 e oltre 2 milioni per il 2010. Il Tribunale condannò, inoltre, i due imputati al risarcimento dei danni all’Agenzia delle Entrate da liquidarsi in separata sede e al versamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di un milione e 500.000 euro.

Le due parti civili, l’Agenzia delle Entrate e il Ministero della Difesa indiano, si associarono alla procura e chiesero il risarcimento dei danni morali e patrimoniali da liquidare in separata sede. Le difese, dal canto loro, avevano chiesto la piena assoluzione di entrambi gli imputati, sostenendo l’assenza di prove sia di un accordo corruttivo, sia dell’atto contrario ai doveri d’ufficio di pubblici ufficiali indiani, sia delle sovraffatturazioni ai consulenti.

L’IMPORTANZA DEL MERCATO DELLA DIFESA INDIANO

Il caso degli elicotteri mise in forte imbarazzo il governo indiano che ad agosto 2014 vietò alle società del gruppo Finmeccanica di presentare offerte per futuri contratti, mentre le autorità di New Delhi continuavano a indagare sulle presunte tangenti per questa commessa, poi annullata. L’annuncio di qualche giorno fa, invece, rappresenta «un segnale che la quarantena inflitta ad Agusta-Westland sta per finire», spiega l’ambasciatore Antonio Armellini, commissario dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO), su Affari Internazionali. Del resto, commenta, «tangenti o meno, la superiorità della macchina italo-britannica rispetto alla concorrenza europea ed americana era apparsa chiara all’epoca; l’India sta compiendo un grosso sforzo di modernizzazione delle proprie Forze Armate e si è resa conto che rinunciare all’apporto tecnologico di Agusta-Westland poteva risultare in un autogol».

QUESTIONE DI MANCANZA DI TRASPARENZA

E sulle dinamiche che hanno portato a far scoppiare lo scandalo Armellini spiega: «Lo scandalo delle tangenti è stato devastante, perché ha cancellato d’un colpo un lavoro sul quale si era cominciato ad operare con il piede giusto». Ma avverte: «Chi ritiene che il mercato della difesa in India (o altrove, se è per questo) possa diventare del tutto trasparente, passa probabilmente troppo del suo tempo nel mondo di Peter Pan». «L’esempio dei risultati raggiunti dalle mille commissioni d’inchiesta in Gran Bretagna a seguito del clamore legato al mega-contratto Bae all’Arabia Saudita, può dare utili ammaestramenti – spiega l’ambasciatore -. Quando le tangenti, invece di restare nelle mani dell’illecito destinatario, tornano almeno in parte nel paese di partenza, e qui chi se ne ritenga ingiustamente deprivato comincia a protestare, i danni partono in tutte le direzioni».

UN’APERTURA DA GUARDARE CON ATTENZIONE

L’apertura nei confronti della società guidata da Moretti, però, non deve creare troppe illusioni. «La ricostruzione del profilo italiano in India dovrà passare attraverso ancora molte fasi, non sempre facili – commenta Antonio Armellini -. Questa prima apertura non deve ingannare: il processo decisionale indiano è lungo e tortuoso e molto spesso, più che a fattori legati alla corruzione, le difficoltà possono nascere dalla diversa forma mentis di un paese che sembra occidentale nel modo di essere e di pensare, ma non lo è affatto».


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