Nuova escalation dei toni nei negoziati. Il portavoce della maggioranza in parlamento ha ammesso che in mancanza dello sblocco dell’ultima tranche di aiuti (pari a circa 7,2 miliardi di euro) da parte dei partner europei, Atene non sarà in grado di far fronte al pagamento della prossima tranche dovuta al FMI in scadenza il 5 giugno, pari a circa 300 milioni di euro. Simile avviso è arrivato dal ministro Varoufakis in un’intervista a Channel 4.
LA TEMPISTISCA
In giugno sono calendarizzate in tutto quattro tranche: il 5, il 12, il 16 e il 19, per un totale di circa 1,55 miliardi di euro dovuti a titolo di rimborso di capitale. L’annuncio non è una sorpresa per i contenuti, abbastanza ovvi, ma il fatto che l’accento sia caduto sul rischio di fallimento invece che sulla probabilità di successo sembra un tentativo di forzare la mano sui negoziati. Kathimerini riferisce che il ministro Flambouraris ha informato la segreteria politica di Syriza che l’eventuale accordo non includerebbe tagli a pensioni e salari, imporrebbe obiettivi fiscali più bassi e farebbe riferimento alla necessità che il debito greco sia ristrutturato.
GLI AUSPICI DI BERLINO
Dal fronte dei creditori, i toni sono stati analogamente duri. Intervistato da Les Echos, il ministro delle Finanze tedesco Schäuble ha definito “possibile” un default della Grecia e ha chiesto alla Commissione Europea di non travalicare i limiti del suo mandato nella ricerca di una mediazione. Sempre Schäuble ha espresso dubbi sulla fattibilità di un terzo programma, perché la Grecia non ha più un avanzo primario, non rispetta le condizioni e non vuole un programma di aiuti. Fonti europee citate da Kathimerini sostengono che sono già state fatte molte concessioni al governo di Atene e che è sopravvissuto soltanto un terzo delle condizioni inizialmente previste per il completamento del programma.
TACCUINO BOND
Intanto, la BCE ha alzato di soli 200 milioni, a 80,2 miliardi, il tetto dell’ELA per le banche greche. Il mercato secondario dei titoli governativi ha chiuso con modesti rialzi dei rendimenti a medio e lungo termine in Europa, e con ribassi negli Stati Uniti (dove hanno pesato i verbali del FOMC). Movimenti contrastati e nel complesso limitati per i premi al rischio.