Le tragedie nel Mediterraneo, di cui quotidianamente siamo testimoni, raccontano drammaticamente l’entità di un fenomeno epocale, che non sopporta riduzioni ideologiche, né in senso buonista né in senso xenofobo.
La dimensione apocalittica delle migrazioni odierne esige un impegno più esteso a livello europeo e, soprattutto, una forte solidarietà tra le nazioni europee affinché sia affrontata e gestita con successo; nella consapevolezza che la solidarietà è una strada obbligata non solo per gli immigrati, ma anche per il bene comune degli stessi cittadini europei pena l’esplosione di continue tensioni sociali. L’Unione Europea non può continuare a pensare solo alla protezione dei suoi confini, ora è necessario un impegno comune europeo per il soccorso, l’accoglienza e l’integrazione dei migranti.
In questa urgenza, che tutta l’Europa deve sentire propria non abbandonando a se stessi i Paesi del sud dell’Unione, è indispensabile un meccanismo di ridistribuzione per assicurare una partecipazione equa, equilibrata e soprattutto solidaristica di tutti gli Stati europei. Altrimenti corriamo il rischio che naufraghi l’idea stessa di Europa e del Mediterraneo come spazio comune prima che limes. L’Europa ripiegata sull’economia, l’Europa della tecnocrazia, dei mercati, dell’individualismo e del relativismo non ha respiro per gestire l’accoglienza e l’integrazione. Per farlo, innanzitutto, deve rimanere ben salda alla propria identità culturale – alle proprie radici, in primis cristiane, e alla propria storia – perché sappiamo bene che non è la via della dismissione e della rinuncia alla propria identità che può consentire ai popoli europei di garantire l’accoglienza ai migranti nella tutela dei diritti dei cittadini europei.
L’UE non può declinare oltre le proprie responsabilità, ora deve indicare la strada per affrontare, con cuore aperto ma con saggezza, le migrazioni in quanto fenomeno epocale che attraversa e sconvolge i nostri tempi. Chi affronta viaggi tanto disperati indubbiamente ha alle spalle situazioni di indicibile drammaticità e tutti noi abbiamo il dovere primario dell’accoglienza, che deve essere coniugata con l’indispensabile rispetto della legalità, della solidarietà e della giustizia. L’accoglienza rappresenta la doverosa cornice, ideale ma non utopistica, di una seria e coordinata iniziativa comune europea nella questione migratoria. Un’accoglienza dovuta in forza del primato e della centralità della persona umana che, in questo senso, obbliga tutti, anche le comunità politiche democratiche che a tale principio, seppur laicamente, si rifanno, come è, appunto, il caso dell’Unione Europea.
Certamente non si può pensare di interrompere una marea con una rete, allo stato attuale l’unica possibilità di arginare il fenomeno è quella di adottare politiche di aiuto ai Paesi d’origine dei migranti, invece delle politiche di interesse che aumentano ed alimentano i conflitti. Bisogna combattere le cause dell’immigrazione, come l’instabilità in Libia, non i migranti. Ma per fare questo è necessaria una politica estera e di sicurezza comune nell’Unione Europea e non quella che abbiamo visto finora come ad esempio nella gestione delle crisi in Ucraina, in Medio Oriente e in Africa: prova concreta di quanto le divisioni in politica estera risultino, poi, fallimentari.
In questi giorni sono a Bruxelles per una serie di incontri, programmati da tempo, con i parlamentari europei del PPE: all’ordine del giorno il tema delle migrazioni e i termini della vocazione europea; proprio nel momento in cui la Commissione europea presenta la strategia sull’immigrazione. Il Consiglio Europeo straordinario, convocato dopo la più grave tragedia nel nostro mare, aveva fatto ben sperare in una risposta davvero europea, ma le speranze si sono infrante sugli scogli delle sue timide conclusioni. Mi auguro che ora, finalmente, si trovi la via per una vera politica estera comune, finalizzata alla pace e allo sviluppo dei popoli.
Carlo Costalli
Presidente Movimento Cristiano Lavoratori