Un “no” secco e deciso. Dopo Gran Bretagna, Ungheria e Polonia, adesso la Francia si oppone strenuamente al sistema di quote di migranti da accogliere in ciascun Paese europeo, proposto dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, per aiutare l’Italia a fronteggiare l’emergenza degli sbarchi nel Mediterraneo.
LA POSIZIONE DEL PRIMO MINISTRO VALLS
Ad annunciare ufficialmente la posizione francese sul tema è stato il primo ministro Manuel Valls che sabato scorso dalla frontiera franco-italiana di Mentone, dove tra lunedì e giovedì sono stati fermati 944 migranti diretti verso la Francia, ha dichiarato: «Sono contrario all’instaurazione di quote di migranti. Questo non ha mai corrisposto alle proposte francesi. La Francia è invece favorevole a un sistema europeo di guardie di frontiera».
Valls ha ribadito il rifiuto di Parigi anche al settimanale Le Journal du Dimanche: «Con il presidente della Repubblica abbiamo pensato che bisognava alzare molto la voce perché non ci fosse alcuna ambiguità. La questione delle quote è fonte di una grandissima confusione. Non bisognava lasciar passare la sensazione che avremmo accettato queste quote. Nel dibattito nazionale, bisogna essere chiari».
L’AUMENTO DEI FLUSSI MIGRATORI VERSO LA FRANCIA
Il “niet” della Francia non deve sorprendere. Secondo quanto riporta il quotidiano francese Le Figaro, infatti, la principale preoccupazione delle forze della polizia non sono tanto i trafficanti quanto più i flussi migratori provenienti dall’Africa. Solo nei primi quattro giorni della settimana scorsa, «quasi un migliaio di immigrati clandestini sono stati arrestati a 20 km dalla frontiera e oltre i due terzi di questi sono stati riammessi immediatamente in Italia», primo paese d’approdo dalle coste della Libia e della Tunisia. «Tre quarti dei migranti arrestati negli ultimi giorni – scrive il quotidiano francese – provengono dal Sudan e dai paesi in guerra come il Corno d’Africa, la Somalia, l’Etiopia e l’Eritrea».
IL RIPRISTINO DEI CHECKPOINT E DI CONTROLLI MASSICCI ALLA FRONTIERA
«Nelle ultime tre settimane abbiamo registrato un aumento significativo dei flussi migratori», ha spiegato Adolphe Colrat, prefetto delle Alpi Marittime giunto nel comune di La Turbie per ispezionare il dispositivo rinforzato di lotta all’immigrazione irregolare creato in quella zona, che rappresenta la prima iniziativa delle autorità pubbliche per arginare il fenomeno. Si stanno, infatti, ripristinando dei checkpoint che monitorano la situazione 24 ore su 24, coordinati dalla polizia di frontiera PAF che in questi giorni sta ricevendo rinforzi da Parigi e Marsiglia e da altre unità di polizia quali il CRS e le squadre mobili.
Il controllo avviene anche sulle reti ferroviarie. Vengono passati al vaglio tutti i treni provenienti da Ventimiglia e Cuneo. Circolano, inoltre, dei bus trasformati in veri e propri commissariati mobili che permettono «di ascoltare la gente sul posto, notificare la loro custodia alla polizia e controllare se sono schedati», spiega Jean-Philippe Nahon, direttore della PAF.
IL SONDAGGIO DE LE FIGARO
L’opinione pubblica sembra avere pochissimi dubbi sulla questione dei blocchi alla frontiera. Dati alla mano, secondo un sondaggio lanciato proprio dal quotidiano Le Figaro, di 50703 votanti ben il 92% è d’accordo nel ristabilire controlli al confine franco-italiano, contro un risicato 8% di contrari.
UN PROBLEMA ATAVICO
Tra difficoltà di inclusione sociale, rivolte violente (basti pensare alle banlieue parigine) e problemi legati alla convivenza di religioni e culture differenti tra loro, l’immigrazione rappresenta da sempre un nodo difficile da sbrogliare per la Francia. Soprattutto a causa del suo passato coloniale, a partire dal XIX secolo è infatti mèta privilegiata di migranti originari del Maghreb e dell’Africa subsahariana. Nel 2010 l’Istituto nazionale di statistica e degli studi economici (INSEE) ha stimato ci siano 6,7 milioni di immigrati (stranieri nati al di fuori del territorio), che rappresentano l’11% della popolazione. Questo pone la Francia al sesto posto nel mondo, dopo gli Stati Uniti (42,8 milioni), la Russia (12,3), l’Arabia Saudita (7,3), il Canada (7,2), la Germania (7,1) precedendo il Regno Unito (6,5) e la Spagna (6,4). I figli d’immigrati, discendenti diretti di uno o due immigrati, rappresentano nel 2008 6,5 milioni di persone, cioè un altro 11 % della popolazione. Tre milioni di loro avevano entrambi i genitori immigrati.
IL PESO DEL TERRORISMO
Una situazione difficile da gestire, dal punto di vista politico-sociale, che negli ultimi tempi è diventata ancora più soffocante sotto il peso di alcuni noti fatti di cronaca. «Con ciò che è accaduto a Charlie Hebdo e all’Hyper Cacher, lo scorso gennaio, è cambiato tutto», ha spiegato a Formiche.net Zouzou, la proprietaria di un noto ristorante francese a due passi da Place de La République, a Parigi. «Non capiamo come e soprattutto perché sia potuto accadere tutto ciò. Adesso – continua – la gente si sente minacciata perfino da chi è francese da tre o quattro generazioni ed è integrato a tutti gli effetti, perché ci si è resi conto che il problema della religione è uno scoglio, a quanto pare, insormontabile».
«Molte zone di Parigi, prima molto frequentate, adesso sono off limits per l’alta presenza di immigrati e la gente ormai guarda con sospetto anche chi gli si siede affianco in metropolitana», racconta Zouzou. «E’ una cosa terribile, che rinnega i valori di tolleranza ed eguaglianza in cui crediamo e su cui si fonda la nostra nazione», continua. «Credo fermamente che gli italiani rappresentino un esempio assolutamente unico e ammirevole di coraggio, carità e umanità rispetto al problema dell’immigrazione», commenta. «In un momento di assoluta emergenza, come quello che stiamo vivendo, il vostro è un esempio che purtroppo pochi Paesi europei seguono. Compresi noi…», conclude.