Un consiglio non richiesto sulla scuola e la bufera in cui ci troviamo. La situazione di una delle riforme più delicate nel bel mezzo di una campagna elettorale è veramente drammatica. Non servono gli insulti ma almeno un minimo di competenza e quel sottosegretario Faraone (di nome ma non di fatto!) non è né un attento politico né un esperto della materia e dunque diventa molesto quando, messo a confronto con professori, non sa neanche argomentare le ragioni o difendersi dai difetti che gli vengono a torto o a ragione cacciati in gola.
Non c’è dubbio che gestire in modo equilibrato n’organizzazione con quasi un milione di dipendenti abituati ad essere la cassaforte delle tessere sindacali del pubblico impiego significa comunque avviare una vera scuola dell’autonomia con istituti scolastici pienamente responsabili riguardo al rispetto di linee guida essenziali e ai risultati; con una maggiore libertà di valutazione e di scelta per le famiglie, e però con dirigenti maggiormente preparati a garantire un rapporto tra pubblico e privato e comunità sociale che investa anche nell’istruzione e formazione e che contribuisca a sviluppare una economia virtuosa.
Bisogna superare il modello della scuola anni ottanta e costruire le fondamenta di una scuola che offra maggiori e diverse competenze ai giovani lavorando in gruppo perché è questo che chiede il mercato del lavoro. La scuola e l’università italiana devono riprendere a certificare il merito e dunque inserire nei percorsi formativi la vera meritocrazia.
Dunque poiché in Italia di buone scuole e buone università ce ne sono che offrono percorsi formativi molto vicini al lavoro, che offrono apprendistato vero e non fittizio, che competono con le università straniere perché formano quegli oltre quattrocentomila neo diplomati e neolaureati italiani che cercano e trovano lavoro, ora la voce deve tornare agli studenti e alle loro famiglie che hanno diritto di chiedere e ottenere una scuola che imbocchi quel cambiamento di cui l’Italia ha bisogno.