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La fallimentare strategia di Obama in Medio Oriente

Il possibile raggiungimento di un accordo entro il 30 giugno sul programma nucleare iraniano, sembra aver dato il via alla corsa per la bomba atomica nel Golfo Persico. Secondo una fonte anonima del Pentagono, l’Arabia Saudita è ad un passo dall’acquisto di un ordigno atomico già pronto per l’uso: “C’è un accordo da lungo tempo tra i pakistani (sulle armi nucleari) e la Casa dei Saud (la famiglia regnante sauditi). Ora si è deciso di procedere”. La mossa di Riyadh è a tutti gli effetti un messaggio che il paese saudita lancia agli Usa. L’Arabia Saudita, così come tutte le altre monarchie sunnite del Golfo, si sentono fortemente minacciate da un Iran (sciita) potenza atomica. Insomma, la scellerata decisione di intavolare una trattativa con l’Iran per il nucleare, ha creato fino ad ora più tensioni che benefici.

Intanto metà della Siria è in mano all’Isis, ma Obama continua a dire “Non stiamo perdendo”. In questo momento, francamente, è difficile credere alle parole del presidente Usa. A perdere, se non gli Usa, è senz’altro la sua strategia in Medio Oriente. Secondo Charles Krauthammer: “In Siria c’era gente pronta a combattere contro i terroristi dell’Isis e il carnefice Assad, ma noi americani abbiamo deciso di non aiutarli dicendo che erano ingegneri, medici, banchieri: poco credibili con le armi in mano. In Iraq, invece, abbiamo continuato a cercare di costruire un esercito locale con capi settari e soldati corrotti che non avevano voglia di combattere. Se Obama crede davvero in quello che dice, siamo ne guai”. L’ex ministro della Difesa Robert Gates, invece ricorda : “Il gap tra la retorica e i risultati sul campo è molto vasto. I nostri nemici hanno Ramadi, Falluja e Mosul: cacciarli da queste città è un lavoro tremendamente difficile”. Obama sembra non avere piani di riserva. Per il momento esclude l’invio di truppe sul campo, affidandosi alle milizie sciite in Iraq, che a dir la verità, rispondo più agli ayatollah di Teheran, piuttosto che al governo di Baghdad. Se si prendono in considerazione numerose fonti di intelligence, è facile intuire come la strategia globale di Teheran per quanto riguarda il nucleare militare-civile, non sia finalizzata alla costruzione della “bomba”,  ma all’armamento dei missili intercontinentali (alcuni capaci di un raggio di azione di 2000 chilometri). A questo l’Iran sta puntando.

A questo punto sorge una domanda spontanea: Dove, e soprattutto contro chi potrebbero usare questi missili le forze sciite? Un paese affidabile, alleato dell’occidente in Medio Oriente c’è, e si chiama Israele. Fortemente contrario all’accordo con l’Iran, il paese guidato da Benjamin Netanyahu, è costantemente minacciato dalle forse sciite. Basti pensare che il consigliere militare della Guida suprema iraniana Ali Khamenei, il generale Yahya Rahim Safavi, ha recentemente dichiarato:  “Ci sono 80mila missili del movimento libanese sciita Hezbollah, puntati su Haifa e Tel Aviv. Se i sionisti vogliono fare qualcosa di sbagliato (nei confronti dell’Iran) raderemo al suolo Haifa e Tel Aviv”. Safavi, ha poi proseguito accusando gli Stati Uniti di causare “separatismi nella regione usando gruppi estremisti”. Ecco con chi sta facendo accordi Obama.


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