Caro Matteo,
prendo la tastiera e ti scrivo. Ti scrivo una lettera, prima che da Segretario di un Circolo PD molto attivo, come quello che ho l’onore di coordinare, da semplice iscritto e militante del Partito Democratico. Il PD, quella strana creatura, il nostro Partito, che è nato con l’aspirazione di mettere insieme storie ed esperienze diverse, ma accomunate da un universo simbolico e valoriale chiaro, molto chiaro: quello della sinistra. Ti scrivo perché vivo un momento di profondo spaesamento e dispiacere.
Negli anni passati, quando ero ancora studente a Milano, nel 2008, ho seguito l’evolversi dell’esperienza con grande interesse, ma da esterno. Ho studiato questo progetto, ne ho condiviso i valori fondanti e le aspirazioni: legalità, trasparenza, partecipazione, dialettica e laicità. E nel 2012, dopo anni di riflessione mi sono iscritto, per contribuire attivamente al suo rafforzamento.
Cosa significa essere di “sinistra” oggi? Ha senso parlare di destra e sinistra? Tu dirai no. Ma permettimi di dirti che è un grave errore che commetti. Destra e Sinistra non sono etichette che si possono mettere e togliere a piacimento: ci sono delle storie dietro, molto serie e precise. Ci sono, cosa assai più importante, valori e visioni del mondo. Difficile mettere d’accordo, nei valori, non negli interessi contingenti, uno che si definisce di destra con uno che si definisce di sinistra. Sì: definirsi. Perché di questo si tratta, di un’identità che ci riconosciamo o costruiamo con le nostre esperienze e i nostri desideri.
Arrivo al concreto: essere di sinistra significa guardare a un orizzonte di valori che comprende la solidarietà, la giustizia sociale, l’eguaglianza, la legalità e il rispetto per la propria storia. Significa rispettare il diverso e vedere l’alterità come un quid positivo e non come una minaccia. Significa rifiutare l’odio e la paura come strumenti di governo e di propaganda. Significa essere consapevoli che le idee vengono prima dei vantaggi personali e/o di gruppo. Significa riconoscere la dignità dell’uomo e del lavoro. Significa guardare al futuro costruendolo assieme a chi condivide con noi questi pensieri, e non correndo alla cieca, inseguendo il non-valore del momento. Specie se questo è uno schianto a destra!
Oggi, vedendo quanto ci accade attorno mi pongo delle domande: questo PD, è ciò che volevamo? Questo PD è ciò di cui abbiamo bisogno? Questo PD è ancora la casa di tutti quelli che condividono quell’orizzonte di valori?
Se quei valori sono ancora validi, allora c’è speranza. C’è la concreta possibilità che questa casa non vada in rovina. Dopotutto l’esperienza dei Luoghi Idea(li) di Barca ce lo dimostra e anche le tantissime esperienze locali. Eppure, in molti hanno lasciato. Oltre 170 mila militanti hanno deciso di non rinnovare la tessera. Tante e tanti dirigenti locali hanno lasciato la nostra casa, penso ai casi della Liguria e della Toscana, della Campania e dell’Emilia. Per citarne alcuni. Penso, e ciò mi procura dolore, all’uscita di Pippo Civati e di Elly Schlein così come l’annuncio di Michela Marzano, dopo Vaccaro e Pastorino. E ti dico, con tanta umiltà, che se alcuni gioiscono o hanno gioito pensando di essersi finalmente sbarazzati delle voci fuori dal coro, non hanno capito il significato della parola “democratico” che sta dietro alla parola “partito” e dunque non hanno capito cosa sia “democrazia”. Perdiamo energie, teste pensanti e persone di grande capacità e onestà. Per che cosa?
Da ultimo, abbiamo assistito in questi ultimi mesi, a cose al limite dell’osceno. I brogli in Liguria, con la contaminazione del voto dei partiti di centro-destra, con il conseguente addio di uno dei fondatori del PD, Sergio Cofferati. Penso al caso di Agrigento, e di Vincenzo De Luca in Campania e ti chiedo, anzi ti supplico: fai qualche cosa!
Abbiamo lottato vent’anni, io da un po’ meno tempo, contro il “berlusconismo” avendolo inteso come contrasto a un’idea di fare politica in cui non ci riconoscevamo: opportunismo, familismo e totale assenza di etica pubblica. Appunto, gli anti-valori della sinistra che ricordavo poco sopra. Ho creduto, forse ingenuamente, che essere antiberlusconiano non significasse solo contrastare Berlusconi politicamente, ma cosa assai più importante, il suo modo di intendere e praticare la Politica. Invece, oggi, le cose sembrano dire che non erano quegli antivalori a non piacere, ma solo la faccia di colui che li propagandava.
Così, oggi, abbiamo un candidato in Campania che tu hai approvato, con una condanna in primo grado per abuso d’ufficio. Abbiamo una legge, la Severino che impedisce a quel candidato se eletto di diventare Governatore, abbiamo un codice etico che parla di “onorabilità” eppure, per il puntare sul cavallo vincente, si è stati disposti a fare le tre scimmiette: non vedo, non parlo e non sento! Candidati impresentabili, dichiaratisi fascisti, omofobi (per altro pure in Veneto, nella lista a sostegno di Alessandra Moretti) e provenienti dagli ambiti della destra locale. Una contaminazione mortale, un avvelenamento della nostra struttura valoriale ed etica. No, questo non può essere il PD che ci siamo immaginati e che vogliamo.
Caro Matteo, dove è la vera sfida per il cambiamento di cui ci hai parlato? Dove è il rinnovamento che ci hai promesso? Se non si inizia con l’applicazione dei principi di legalità e trasparenza fin dal più basso dei livelli, con quale credibilità si ha l’ambizione di cambiare l’Italia e curarla (lo si vuol fare?) dai suoi antichi mali? Come si può essere credibili chiacchierando la trasparenza, ma senza metterla in pratica: sempre, senza se e senza ma?
Abbiamo bisogno di fermarci un istante e aprire bene gli occhi: pur di vincere siamo disposti ad accollarci cani e porci? Soprattutto i porci? Pur di affermare una volontà si è disposti a snaturarsi completamente? Quanto sei disposto ad andare oltre? E domando ai tanti come me che desiderano che il PD sia una vera forza riformatrice e di sinistra,quanto siamo disposti, noi a sopportare?
Caro Matteo, in quanto Segretario hai una responsabilità, nel bene e nel male, e devi pur rispondere alle nostre domande. Noi lo abbiamo scritto nel documento sulla Forma Partito, cosa ci aspettiamo dal PD e cosa ci aspettiamo dal Segretario. Se hai tempo, facci l’onore, comeFabrizio Barca, di leggerlo e darci un tuo parere. Prova ad ascoltarci. Si parlava della partecipazione vera: ebbene, perché non hai fatto un referendum tra iscritte e iscritti, in stile SPD, per le riforme? La tua legittimazione sarebbe stata forte, anche nei confronti delle minoranza del partito. Invece, non si sa sulla base di che cosa, ti sei riconosciuto da solo che ciò che ci proponevi era ciò che noi tutti volevamo. Ma è davvero così?
Spero che tu abbia riflettuto in questi mesi e che tu sia anche consapevole che l’appoggio che hai nel castello, da parte di certi che ieri erano anti-renziani ed oggi sono i tuoi difensori della fede, non è espressione diretta di ciò che la gente pensa e vuole. Insomma, sarai ben consapevole che tutti questi neo-fedelissimi che ti votano la fiducia ogni volta, non sono tutti dei Paolo da Tarso!
Poi ho un ultimo diabolico dubbio: non è che questi timori che noi proviamo e ti esponiamo sono semplicemente il progetto che hai in mente per il nostro Partito? Fuori quella sinistra demodè, che attacchi con acrimonia, perdente ai tuoi occhi e dentro tutti quelli che vogliono rifarsi una verginità politica?
Concludo con una breve battuta su ciò che credo sia il senso del restare e del discutere: il partito, la struttura, può essere mal messa. La casa, può essere disordinata e andare in malora, ma se qualcuno rimane poi si risistema. Dopotutto, il PD, che è fatto di strutture territoriali, congressi e militanza, resterà, magari anche solo una sua idea che potrà rigenerarlo, mentre i leader passano. Bisogna vedere cosa resta del loro passaggio.
In fede