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L’Italia della paura alla Scala

Più giro, brigo e trigo, su e giù per lo stivale, più noto che in qualunque riunione, qualunque sia la situazione e la problematica, il clima e l’atteggiamento degli interlocutori è sempre lo stesso. Quello che Dino Buzzati ha splendidamente immortalato nel suo racconto “Paura alla Scala”. C’è sempre una crème, un élite che ha troppa paura di perdere il troppo che ha avuto immeritatamente. Maschere sono che, come i ricconi zeppi di privilegi raccontati da Buzzati che, col passare del tempo o – se volete – a furia di frequentarle, ci appaiono come quelle donne che, nell’inoltrarsi della nottata che pare non finire mai, quando le luci buie della festa lasciano il posto a quelle vere della realtà, vedono sgretolarsi il trucco, i loro abiti diventare fuori luogo, (le sete, i decolleté, tutto l’armamentario diventare roba carnevalesca), così come le acconciature che finiscono con l’essere inutilmente provocanti e da indurle in vergogna.
E’ curioso notare come un paese costruito attraverso meccanismo di autoassoluzione collettiva, che ha preferito e continua a preferire la cooptazione al merito, in cui è meglio assicurarsi un favore ex-post che far valere un principio ex-ante, è costretto alla paura. Chi deve decidere, non potendosi basare sulla consapevolezza e sulla conoscenza, ricorre alle tante imposture che, in un linguaggio tutto anglosassone, sembrano suonare meglio. Il good management fatto di best practice, per dire. Che equivale a copiamo che è meglio.
Mentre scrivo, rileggo dei passi del racconto di Buzzati e mi sembra di rivedere gli interlocutori di una riunione di qualche giorno fa. Con i loro gessati, i loro vestiti con gli inserti di gemelli e iniziali, che, in quella sala riunione piena di quadri alle pareti, di piante, di sculture, piena di tecnologia per le teleconferenze da renderne elitario perfino l’utilizzo, avevano lo sguardo disorientato, quello delle prede braccate. Di chi, non sapendo nulla di nulla, non può capire l’entità dei rischi cui la propria compagnia può correre di fronte a un dato problema. Il disorientamento di chi, non avendo mai concepito la sua esistenza secondo i principi di reputazione e responsabilità, teme solo che il suo futuro possa non somigliare al presente.



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