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Pensioni, ecco quanto costa il buco (annunciato) provocato dalla Consulta

Era un “buco (nei conti pubblici) annunciato” da molti, molti mesi quello derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla parte del decreto Monti chiamato (tra il serio ed il faceto Salva Italia) con cui si bloccava la perequazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo.

Il Presidente del Consiglio dell’epoca era stato avvertito che la Corte Costituzionale si era già espressa un paio di volte in materia. Così come, ai tempi del Governo Letta, il Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali era stato avvisato che solo pochi mesi la Corte Costituzionale aveva bocciato un “contributo di solidarietà” sulle pensioni superiori ai 90.000 euro l’anno e che quindi sarebbe stata parimenti dichiara incostituzionale la norma in materia che è riuscito a fare approvare (e su cui la Corte delibererà in giugno) .

“Buchi annunciati” all’insegna del motto “ora faccio il Salvatore della Patria e dopo di me il diluvio”. Non salatamente la Consulta non avrebbe potuto rimangiarsi i propri precedenti orientamenti ma un’imposta discriminatoria è – come ricordato in una recente sentenza della Corte dei Conti della Regione Calabria – contraria ai principi di base della Convenzione sui Diritti dell’Uomo, firmata a ratificata dall’Italia, in quanto palesemente discriminatoria.

Immaginate cosa sarebbe successo se, per fare quadrare i conti pubblici, si fosse re-introdotta l’imposta sul celibato di staraciana memoria? Oppure un’imposta sulle donne? Od uno su chi ha i capelli biondi? Od ancora una sui gay? Ci sarebbe stata una vera e propria rivolta di strati molto vasti della popolazione e saremmo diventati lo zimbello della comunità internazionale.

L’imposta nascosta sui pensionati (e quella mascherata da contributo “forzoso” di solidarietà) sono state invece varate in male fede nella piena consapevolezza che qualche altro (nel caso specifico il Governo Renzi) sarebbe stato chiamato a tirare le castagne dal fuoco. C’erano vari modi per fare quadrare i conti pubblici senza accanirsi in modo discriminatorio contro una categoria: ridurre il “grasso” che si nasconde in tanta spesa pubblica, chiudere le partecipate in perdita strutturale, mettere in vendita la sanguisuga Rai (o liquidarla) o se proprio si voleva agire sulle entrate porre un’addizionale progressiva sull’imposta sul reddito di persone fisiche e giuridiche. Non sono state adottate per non infastidire questo o quello. Si è agito accanendosi sui pensionati ben sapendo che qualche altro governo ne avrebbe pagato lo scotto.

Secondo i miei calcoli, questo “buco” ammonta a dieci miliardi di euro, ed il prossimo ad altri due o tre. Non può non essere pagato agli aventi diritto. Sono già pronti ricorsi, in tale eventualità, alla Corte Internazionale sui Diritti dell’Uomo. Il governo Renzi non può, per ragioni se non altro d’immagine interna ed internazionale, subire una condanna in quella sede.

Dove trovare le risorse per pagare? Nelle voci di risparmi alla spesa indicati in precedenza. Soprattutto, dato che il presidente del Consiglio è cattolico, dovrebbe seguire l’appello rivoltogli dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa, organismo internazionale distinto e distante dalle nostre beghe: privatizzare la Rai (se si trova un acquirente) e nel frattempo bloccargli erogazione di sussidi.



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