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Da Pippo Civati a Rosy Bindi. Ritorno al futuro

Dopo l’approvazione dell’Italicum, secondo Rosy Bindi ormai anche il futuro non è più quello di una volta.

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Marco Rizzo, segretario del Partito comunista (sic), in un’intervista: “Ridiamo valore all’ideale comunista, ridiamo centralità all’internazionalismo proletario”. Sono d’accordo: ridiamo.

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Jacques Delors, una delle personalità più eminenti del progressismo europeo, ha scritto: “Da Pierre Mendès-France ho imparato una grande lezione: è meglio perdere un’elezione che perdere l’anima. Un’elezione si può rivincere dopo cinque anni, che vuole che sia? Ma se si perde la bussola, o si perde l’anima, per ritrovarle ci vogliono generazioni”. Non credo che a Palazzo Montecitorio e a Palazzo Madama siano in molti a pensarla così.

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Nella celebre trilogia di fantascienza girata dai fratelli Wachoski, gli uomini vivono in una realtà virtuale in cui sono controllati da computer intelligenti che ne assorbono l’energia bioelettrica. Nel primo film il misterioso Morpheus spiega a Neo, l’Eletto: “Matrix è ovunque… L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse”. Nella realtà italiana, che però non è virtuale, l’avverti soprattutto quando paghi le tasse.

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Angela Merkel ha ribadito che l’uscita della Grecia dalla moneta unica sarebbe una iattura per Eurolandia. Theodor W. Adorno diceva che i tedeschi sono persone che non possono dire bugie senza crederci.

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Dopo cinque anni di polemiche, nel 1951 Elio Vittorini lascia il Pci. Il suo abbandono è salutato da Togliatti sul periodico “Rinascita” con un titolo irridente, che parafrasava una canzone napoletana per sottolinearne l’irrilevanza: “Vittorini se n’è ghiuto, e soli ci lasciato!”. Senza voler mancare di rispetto a nessuno, Renzi non è Togliatti e Civati non è Vittorini. Il premier si è limitato a una banale presa in giro del suo (ex) deputato, con quel “Viva Civati!” pronunciato all’Expo di Milano. Pure quel “Viva” Pippo se lo merita. Perché vagheggiare oggi una nuova “cosa di sinistra” con Maurizio Landini è sintomo di un coraggio politico leonino, degno del Winston Churchill dei tempi migliori.


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