Oggi, nella sede dell’Acri, a Roma, si è svolta una riunione delle 64 fondazioni di origine bancaria azioniste di minoranza (complessivamente il 18,4%) della Cassa Depositi e Prestiti. Obiettivo? “Analizzare gli scenari che si prospettano in base alle notizie recentemente emerse in merito a un ricambio dei vertici di Cdp con un anno di anticipo rispetto alla scadenza”, si legge nel comunicato stampa dell’Acri, l’associazione presieduta da Giuseppe Guzzetti.
Prima notizia: a distanza di 10 giorni circa dalle prime indiscrezioni, lanciate dal quotidiano Repubblica, secondo cui il governo Renzi puntava a cambiare i vertici della Cassa controllata dal Tesoro e partecipata dalle fondazioni, le stesse fondazioni iniziano a parlare del tema. Possibile che non erano state avvisate da nessuno, né da Palazzo Chigi né dal ministero dell’Economia? Eppure le fondazioni, secondo la governance della Cdp, esprimono il presidente.
Ma proprio Franco Bassanini, attuale presidente della Cassa, sarebbe al centro dell’operazione di sostituzione dei vertici della società guidata dall’ad, Giovanni Gorno Tempini. Renzi, consigliato da Andrea Guerra, punta su Claudio Costamagna alla presidenza al posto di Bassanini e su Fabio Gallia (ora ad di Bnl-Bnp Paribas) al posto di Gorno Tempini.
Che cosa hanno detto le fondazioni nella riunione odierna? “Hanno – si legge nel comunicato – innanzitutto ribadito le ragioni in base alle quali sono entrate nella compagine azionaria di Cdp, cioè la volontà di partecipare attivamente al processo di rilancio del Paese, di cui essa è senz’altro protagonista primaria, e di trarre dal loro investimento l’opportuna remunerazione”.
Tutto qui? No: “Hanno quindi dato mandato al presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, di rappresentarle nei confronti del Governo per conoscere con chiarezza e precisione le sue intenzioni riguardo al futuro della Cassa”, è scritto.
Ovvero, solo a poche ore dalla decisione del governo le fondazioni decidono di chiedere lumi all’esecutivo.
“In primo luogo – scrive l’Acri – le Fondazioni chiedono una verifica del ruolo che si intende attribuire a Cdp in termini di conferme o di eventuali modifiche della sua missione”. Inoltre, “ritengono necessario che si valuti opportunamente l’impatto degli eventuali cambiamenti sulla sana e prudente gestione di Cdp, soprattutto in termini di modifica del profilo di rischio che ne potrebbe derivare”.
Infine, “ribadita la fiducia e l’apprezzamento per l’operato dell’attuale Presidente”, le fondazioni azioniste “ricordano che, riguardo alla governance, lo statuto di Cdp prevede l’attribuzione all’azionista di minoranza (le 64 Fondazioni di origine bancaria) dell’indicazione del nome del Presidente”.
Una difesa di Bassanini, dunque. Ma è la premessa di una guerra a Renzi? Difficile. Vedremo gli sviluppi.