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Ecco su cosa bisticciano Tsipras, creditori e Juncker

La vicenda greca, comunque la si giri, resterà intricata a lungo. Il paradosso è che tanto Tsipras quanto i creditori vogliono che la Grecia resti nell’eurozona. C’è anche l’accordo sull’avanzo primario, anche se c’è divergenza sui mezzi per raggiungerlo. L’Europa vorrebbe una riforma delle pensioni, mentre Tsipras vuole raccogliere soldi con condoni una tantum e con la tassazione delle televisioni che gli fanno opposizione.

Sulla previdenza, l’Europa chiede di limare gli importi delle pensionibaby e di alzare il livello dell’età pensionabile. La prima richiesta, siamo pronti a scommettere, verrà ritirata nel corso dei negoziati, ma la seconda no. Paesi come la Slovacchia o i baltici, più poveri dei greci, si chiedono del resto perché mai dovrebbero dare soldi ai greci per permettere loro di andare in pensione dieci anni prima di loro.

Quanto all’Iva, le differenze di posizione sono minime. L’Iva per le isole, attualmente esenti, potrebbe essere introdotta ma, in pratica, non applicata. Il vero obiettivo di Tsipras, in questo momento, è quello di ottenere una riduzione del debito per coprire la ritirata sull’età pensionabile. L’abbattimento del debito non avrebbe impatto sui flussi di cassa fino al 2023, ma sarebbe un grande successo propagandistico. L’opposto vale ovviamente per i creditori, che vorrebbero evitare che la Grecia desse il cattivo esempio a tutti i debitori del continente.

Si è fatto notare da più parti che le trattative potrebbero andare avanti fino al 20 luglio, data in cui la Grecia deve restituire soldi ai creditori europei. Il debito verso i criminali del Fondo Monetario (la definizione è di Tsipras) potrebbe entrare infatti in un periodo di grazia di due mesi. La Lagarde ha però fatto sapere che di grazia non si parla nemmeno, confermando implicitamente il fatto che i creditori vogliono stringere i tempi.

A Tsipras un default verso il Fondo potrebbe fare comodo nei negoziati, ma a quel punto la sua strada diventerebbe pericolosamente senza ritorno. In un modo o nell’altro entro la fine di luglio (non necessariamente entro la fine di giugno, come dicono in molti in queste ore) molte cose saranno più chiare, inclusa tra queste la composizione della coalizione di governo ad Atene. Nel frattempo i mercati finanziari soffriranno, ma selettivamente. L’euro verrà sostenuto dalle banche centrali per dare un’immagine di stabilità e gli Stati Uniti saranno ben lieti di contribuire a non fare salire il dollaro.

I bond europei saranno sostenuti dagli acquisti della Bce, che in caso di bisogno si faranno più aggressivi. I Bund tedeschi potrebbero essere sostenuti dalla fuga verso la qualità. Quanto alle borse, Wall Street passerà l’estate confortata da una Fed che ha fatto capire che il primo rialzo dei tassi potrebbe essere rinviato a dicembre e che, cosa ancora più importante, la politica monetaria resterà molto, molto espansiva (i tassi si limiteranno a salire con l’inflazione).

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