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Elezioni regionali, chi ha vinto e chi ha perso

Alle 5 di mattina, quando alle prime luci dell’alba lo stato maggiore del Pd renziano esce dal Nazareno, la linea concordata con il segretario Matteo Renzi è chiara: “Abbiamo vinto le regionali. La Liguria? Tutta colpa di Cofferati e Civati che l’hanno regalata a Toti”. Facile semplificazione dopo la nottata elettorale con più di un brivido lungo la schiena. Non è infatti arrivato il tanto sperato 6-1 e il 5-2 finale è un po’ diverso da quello su cui confidavano i vertici del partito. La seconda regione persa infatti, dopo lo scontato Veneto, è la tormentata Liguria. E’ evidente che Renzi avrebbe preferito lasciare al centrodestra la Campania piuttosto che vedere sconfitta la sua Raffaella Paita e cedere una regione all’avversario. E invece dovrà gestire il complicato dossier De Luca, tra applicazione della legge Severino sulla non eleggibilità del candidato vincitore e ricorsi a tribunali vari, e soprattutto sbrogliare la matassa ligure, laboratorio della scissione a sinistra.

NORD AL CENTRODESTRA

Il Veneto non si tocca. Anzi, la Lega Nord in Veneto non si tocca. La scissione di Flavio Tosi non è riuscita nell’intento di sgambettare il governatore uscente Luca Zaia, e il sindaco Verona se la deve vedere al rush finale contro il grillino Jacopo Berti per conquistare il terzo posto, dato che entrambi lottano a cavallo dell’11%. Zaia non è certo al 60% di cinque anni prima, ma viaggia verso il 50%, un abisso lo distanzia dalla piddina Alessandra Moretti ferma a un deludente 23% e quasi doppiata. Da segnalare che il primo partito in Veneto è la lista civica di Zaia che viaggia verso il 25%, mentre la medaglia d’argento è contesa tra la stessa Lega Nord e il Pd attorno al 17%. L’egemonia del Carroccio e dei suoi uomini non è certo in discussione.
La vera sorpresa è invece la Liguria, con la sconfitta della democrat Raffaella Paita e la vittoria del candidato berlusconiano catapultato all’ultimo momento e frutto di un accordo nazionale, ossia Giovanni Toti. L’ex direttore del Tg4 vince affermandosi oltre il 34% trainato dal successo del Carroccio al 20% con Fi appena sotto il 13%, mentre la Paita frana al 27-28%, poco davanti ad Alice Salvatore dei 5 Stelle. E’ questo il dato più eclatante delle regionali, dato che in Liguria si è consumata la rottura a sinistra con la candidatura del civatiano Luca Pastorino (caldeggiata da Sergio Cofferati) che, avvicinandosi al 10%, ha eroso parecchi consensi al Pd.

IL CENTRO RESTA ROSSO, MA IN UMBRIA E’ PIU’ TENUE

Toscana, Marche e Umbria restano in mano al Pd. Ma se nei primi due casi l’affermazione dei candidati di centrosinistra è netta, nel terzo c’è stata la sorpresa del sindaco di Assisi, Claudio Ricci, che ha tenuto col fiato sospeso la presidente uscente dem Catiuscia Marini, poi affermatasi con il 42,7%. Lo sfidante di centrodestra, espressione della lista civica Per l’Umbria Popolare attorno alla quale si è riunita l’intera coalizione (dai centristi di Area Popolare alla Lega di Matteo Salvini) si ferma a un ragguardevole 39%, più distaccato il Movimento 5 Stelle con Andrea Liberati al 14,4%. In Toscana non si discute la supremazia del Pd (46,6%) e soprattutto del governatore uscente e riconfermato Enrico Rossi (48%). Qui a stupire è il secondo posto del candidato leghista, l’economista anti euro Claudio Borghi Aquilini (20,1%), trainato da uno straordinario 16% della Lega e dal 3,85% di Fratelli d’Italia. Terzi i grillini con Giacomo Gennarelli (14,9%) mentre la vera delusione è Forza Italia: il suo candidato Stefano Mugnai non arriva nemmeno al 10% e non è un caso che poco dopo la chiusura delle urne il verdiniano Massimo Parisi abbia rassegnato le sue dimissioni da coordinatore regionale, scelta questa che potrebbe preludere a nuove scissioni in Parlamento. Risultato choc per Giovanni Lamioni che con la sua Passione Toscana, declinazione locale di Area Popolare, arriva addirittura sesto con un misero 1,28% dietro al candidato della sinistra Tommaso Fattori (6,23%).
Le Marche registrano invece il clamoroso fallimento elettorale del governatore uscente Gian Mario Spacca, l’ex Pd che ha tentato il terzo mandato con la sua civica Marche 2020, Area Popolare e Forza Italia: con appena il 14% (e nemmeno il 4% della sua lista) è addirittura quarto, surclassato dal candidato del Pd (e vincitore) Luca Ceriscioli (41%), dal grillino Giovanni Maggi (21,83%) e dal meloniano sindaco di Potenza Picena, Francesco Acquaroli (19,05) balzato sul terzo posto grazie al successo leghista (13%).

FORZA ITALIA PERDE LA SUA ROCCAFORTE

La Campania non è più la regione più azzurra d’Italia. Il Pd con il suo candidato Vincenzo De Luca (ineleggibile per la legge Severino perché condannato) si attesta sul 40% superando di un paio di punti il governatore uscente forzista Stefano Caldoro. E già c’è chi fa notare l’exploit dell’Udc che proprio nella terra di Ciriaco De Mita, ossia in Irpinia, ha portato parecchi voti in dote all’ex sindaco di Salerno. Più che marginale il 2,4% di Salvatore Vozza di Sel, mentre la grillina Valeria Ciarambino (vicina a Luigi Di Maio) è terza con il 18,5%. Hanno certamente pesato in Campania le divisioni interne a Forza Italia (che si contende il secondo posto come partito proprio con i 5 Stelle) e la mobilitazione di liste civiche organizzata da De Luca (comprese quella organizzata dai cosentiniani), ognuna delle quali gli ha portato una manciata di voti risultata poi decisivia nella sommatoria finale.
In Puglia la notizia non è certo la larga vittoria di Michele Emiliano del Pd col 48,61%, scontata ormai da mesi, ma quella di Raffaele Fitto nella battaglia interna al centrodestra. Il suo candidato Francesco Schittulli si gioca infatti al rush finale il secondo posto con la grillina Antonella Laricchia tra il 18 e 19%, forte di un quasi 10% della lista Oltre con Fitto, mentre l’ex An Adriana Poli Bortone indicata da Silvio Berlusconi è soltanto quarta con poco più del 14%, con la lista di Fi appena sopra il 10% e quindi non molto distante da quella fittiana. Il debutto della lista Noi con Salvini non è esaltante e raccoglie appena il 2,2%.

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