Siamo al cambio di scena nel corso del secondo atto della tragedia greca: dopo il primo piano di salvataggio del maggio del 2010 ed il secondo adottato nel luglio del 2011, ad Atene il governo di Tsipras ha sostituito quello di Samaras, puntando i piedi sulle riforme già concordate da quest’ultimo in cambio degli aiuti internazionali.
E’ noto che, senza una ristrutturazione del debito greco in essere, il FMI non sembra intenzionato a rinnovare il proprio intervento, che poi dovrebbe essere messo a carico dei governi dell’Eurozona. Questo è il bluff in corso: tutti sanno che Atene non potrà mai ripagare il debito attuale. Intanto, i governi comprano tempo e le banche vendono denaro. A ciascuno, sempre, il suo mestiere.
E’ un gioco delle parti, in cui la Grecia fa la parte del debitore messo alle strette. Si tratta di questo: i prestiti vengono erogati ora dal FMI, ora dal Fondo Salva stati europeo (ESM), a tranche di modesta entità, seguendo un piano di riforme che devono essere adottate dal governo di Atene, mentre nel frattempo si susseguono altrettante scadenze delle precedenti erogazioni. In questo modo, il debitore è sempre a rischio di default, perché non riceve i prestiti che servono a rimborsare i precedenti: sta in mezzo, per pagare gli interessi. Stiamo parlando di pochi miliardi di euro che la Grecia deve rimborsare al FMI entro giugno, con tre scadenze accorpate a fine mese, e che pagherà con le nuove erogazioni europee, che sono condizionate alla approvazione del Piano in discussione a Bruxelles.
Come ha messo in evidenza Papa Francesco nella Enciclica Laudato si’, l’effetto finale della crisi è stato che gli Stati si sono indebitati, salvando le banche e sostituendosi ad esse come nuovi creditori. I creditori storici della Grecia, soprattutto le banche francesi e tedesche, pagando un piccolo pegno (haircut) nella ristrutturazione volontaria effettuata dopo il varo del secondo Piano di salvataggio, hanno scambiato i titoli che avevano in portafoglio, emessi dalla Grecia, con i nuovi emessi dall’ESM, il Fondo costituito dai Paese dell’Eurozona. Ora le banche si sono messe al sicuro, perché ci pensano i governi europei a trattare con Atene, a pretendere il rimborso dei prestiti, e naturalmente a farsi pagare gli interessi che poi saranno versati ai creditori finali: le stesse banche di prima, perché i denari sono i loro.
Gli Stati europei fanno da intermediari, da esattori: i cittadini pagano sui debiti e le banche ringraziano. Giù le maschere!
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