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La Ragione e il Tronco che ancora una volta impedisce la Buona Scuola

Ormai nel web, come nei talk show, nessuno stupore: ci si imbatte in esternazioni che appaiono immediatamente “blabla” di “brubrù” che nulla hanno a che fare con la cultura e l’intelligenza.

Peggio ancora quando gli esternatori hanno nomi altisonanti e il titolo di dott.-prof.-on.le….

In questi casi certe dichiarazioni vanno rilette più volte per capacitarsi che siano minimamente legate ad una parvenza di base giuridica, e prima ancora di buon senso.

“Solo quando nelle scuole ci sarà anche la carta igienica si può dare un euro alle scuole paritarie” cioè pubbliche. Peccato che quella carta igienica dovrebbe essere inclusa negli 8000,00 euro annui di costo dell’alunno per chi paga le tasse per la scuola pubblica statale. Evidentemente l’esternatore ritiene insufficiente il costo pro capite, perché anche la carta igienica sia compresa. Del resto, si è sempre a tempo a fare un calcolo abbastanza preciso del consumo pro capite sulle 33 settimane di scuola e aggiungere il costo alla spesa dei contribuenti.

Curioso che certe affermazioni (“Ritengo che sia stata fatta veramente una cosa orrenda con la parificazione”) si accompagnino ad altre provenienti dalla stessa autorevole mente: “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale” (29 novembre 2010: proposta all’Internet Governance Forum per portare in Commissione Affari Costituzionali l’adozione dell’articolo 21bis). Bene! Allora la rete dovrà essere rigorosamente statale e oscurare tutte le fonti non statali; oppure ci vorrà un controllo per impedire che chi accede alla rete per apprendere si istruisca su gestori non rigorosamente controllati dallo Stato… Meglio: semplicemente significa che anche i poveri possono e devono godere la libertà della rete, ma tutti, per istruirsi, non possono scegliere una scuola www. che non sia strettamente controllata dallo Stato. Idem per la scelta sulla salute: la ricerca di strutture sanitarie pubbliche convenzionate dovrà essere oscurata. Per tutti. San Raffaele, Auxologico, Multimedica: preparatevi ad essere sostituiti da una pagina bianca con laconico messaggio in carattere azzurro, senza speranza.

Certo, se un costituzionalista ritiene di poter servire la Res-Publica e diffondere in questo modo la cultura del diritto, un brividino di terrore può attraversare la schiena di chi legge, suggerendo l’illusione di ritenere che la scienza e il sapere rendano oggettivi e capaci di confronto nella ricerca della verità. Sicuramente no, se scienza e sapere sono ingessati dall’ideologia.

La necessità della libera scelta in educazione da parte della famiglia è comunque ben chiara al Costituente-Costituzionalista (con meno remore di chi scrive nel definirlo tale) Antonio Gramsci che dichiara: “Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera. Della scuola lasciata all’iniziativa privata dei comuni. La libertà della scuola è indipendente dal controllo dello Stato”.

Evidentemente quel Grande aveva ben capito il senso dell’art. 2 della Costituzione “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

La Repubblica, infatti, altro non fa che riconoscere un diritto già esistente in natura; non lo crea, lo scopre nella natura dell’essere umano. Diritti scoperti e dunque riconosciuti. Ma tale riconoscimento non è sufficiente se manca il passaggio che è conditio sine qua non di uno Stato di diritto. Il costituzionalista sa che uno Stato di diritto è tale nella misura in cui sa garantire i diritti che riconosce.

La Repubblica riconosce un diritto perché prende atto che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3). Affinchè questa dichiarazione di diritto altamente democratica si possa realizzare nei fatti (perché non c’è nulla di più frustrante di una dichiarazione di principio che non trova realizzazione concreta) segue il 2^ comma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Non solo è inammissibile riconoscere un diritto e non garantirlo, ma è cosa abominevole che le istituzioni non solo non si adoperino per eliminare ogni vincolo, ma piuttosto pongano degli intralci. L’Italia ha bisogno di cittadini responsabili capaci di porsi a monte delle questioni, e trovare lì le soluzioni di diritto, e non a valle ove non solo non troveranno la carta igienica, ma peggio: questa mancherà sempre e con questa molto altro di più importante, con tutto il rispetto.

Il diritto inviolabile esiste in quanto l’individuo è libero e responsabile, cioè riconosce il dovere proprio e dell’altro. Un principio semplicissimo: se non ritrovo riconosciuto e rispettato il mio diritto non saprò fare altrettanto verso l’altro. Una convivenza pacifica e rispettosa affonda qui le sue radici.

Leggiamo all’art. 30 della Costituzione, sul binomio diritto-dovere: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.” La famiglia ha la responsabilità sui propri figli anzitutto educativa e ne ha il diritto in quanto ne ha il dovere. Ora, qualcuno deve spiegare a chi scrive, ma in termini incontrovertibili, come può uno Stato di diritto tollerare come se nulla fosse di affermare e negare contemporaneamente lo stesso principio. Aristotele direbbe che tale Stato è “un tronco”. Cioè non ragiona. Mentre lo Stato dice ai genitori che hanno il dovere di educare i propri figli – e in caso di incapacità verrà loro tolta la patria potestà o si sostituirà ad essi lo Stato (art. 30, 2^ c. “Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”.) – lo Stato stesso dichiara contestualmente che per esercitare tale dovere i genitori hanno il connesso diritto. Un dovere-diritto che devono esercitarsi nell’unico raggio d’azione che si chiama libertà di scelta educativa (principio costituzionale ben ripreso dalla Risoluzione Ue 2012) ovviamente in un pluralismo formativo. Altrimenti non è libertà, è regime. L’Italia, dal 1948 ad oggi riconosce e non garantisce, piazzandosi come l’unica grave eccezione in Europa. Bizzarro: siamo ancora fermi sulla carta igienica.  Che sia l’unico interesse dei regimi?…

Allora la domanda è: voglio che la scuola abbia la carta igienica oppure… è una scusa per affermare senza dichiararlo (che figura farei, altrimenti, come costituzionalista, poi!) che la libertà di scelta dell’individuo fa così paura che va boicottata?
L’Italia risulta la più grave eccezione in Europa poiché ha impedito alla famiglia italiana di esercitare la propria responsabilità educativa in un pluralismo educativo. Infatti con l’approvazione della Legge 62/2000 non si è concluso il percorso legislativo voluto dai Costituenti con l’art. 33, commi 3 e 4 relativi alla parità scolastica, poichè è mancato il passaggio più naturale e doveroso: un diritto senza applicazione è un falso. Se non un inganno. La base fondante è la libertà di scelta educativa in capo alla famiglia, quale diritto sacrosanto poiché c’è un dovere; da qui la necessaria azione culturale per colmare un gap di pensiero che ha alimentato letture ideologiche e lontane dalla realtà e per riportare l’attenzione al cuore della quaestio: superare il vincolo economico. Difatti non è secondario, nella disamina dei diversi aspetti connessi alla parità scolastica, il tema delle modalità di assegnazione delle risorse finanziarie che il legislatore negli Stati europei, a più riprese, ha previsto per le scuole paritarie, per sostenere lo svolgimento del loro compito formativo pubblico. Le scuole gestite privatamente ricevono finanziamenti pubblici da governo, enti dipartimentali, locali, regionali, statali e nazionali, che coprono più dell’80% dei costi annuali, in Belgio, Finlandia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Slovacca, Slovenia, Svezia, Ungheria. Particolarmente in Finlandia, Paesi Bassi e Svezia il finanziamento è pressoché totale. Copre più del 60% dei costi in Danimarca, Estonia, Repubblica Ceca, Spagna; più del 40% in Polonia, Portogallo, Svizzera. È invece inferiore al 40% in Italia, al 20% in Grecia.  E che la chiave di volta sia superare questo vincolo economico si evince chiaramente dai limiti del sistema scolastico italiano classista discriminatorio e regionalista. Come dimostra il paragone con gli altri Paesi europei, l’Italia è agli ultimi posti rispetto all’autonomia delle istituzioni scolastiche e alla parità tra scuole pubbliche, statali e non statali, risultando la più grave eccezione in Europa (con la Grecia) in termini di garanzia del diritto alla libertà di scelta educativa, diritto ampiamente riconosciuto dalla Cost. Italiana sin dal 1948. Dalla realtà Europea emerge un quadro più oggettivo rispetto alle frequenti battaglie ideologiche che hanno caratterizzato e di fatto penalizzato gli studenti italiani, soprattutto i meno abbienti. Nessuno in Europa crede più alla favola della strega cattiva che mette la scuola pubblica statale contro la “scuola privata” dei preti e delle suore. E’ ampiamente chiarito che publicum est pro populo a prescindere dal soggetto gestore, perché è rivolto verso tutti e dunque la scuola pubblica, per legge e di fatto, è quella a gestione statale e privata (compresi gli enti locali) che è paritaria ai sensi di legge. Per fortuna: solo in un pluralismo educativo c’è la possibilità per la famiglia di esercitare la libertà di scelta educativa. Nessuno crede che i 500 euro annui per allievo che frequenta la scuola pubblica paritaria possano cagionare l’assenza di carta igienica ad un allievo della scuola pubblica statale per il quale lo Stato Italiano spende ben 8.000 euro annui. Piuttosto, l’Europa interroga lo Stato italiano: dove vanno a finire i sei miliardi di euro annui che il milione di studenti della scuola paritaria fanno risparmiare allo Stato italiano?  Si potrebbe comperare carta igienica per tutti i cittadini europei…


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