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Cari italiani, amate di più l’Italia. Firmato: James Hansen

Una delle prime cose che ho fatto quando sono arrivato in Italia è stato di portare le congratulazioni e gli auguri di buon lavoro del mio Governo a due neo-eletti parlamentari campani: Clemente Mastella e Paolo Cirino Pomicino.

Ero venuto a fare il vice-console americano a Napoli e mi toccava. Mastella era molto cortese e se la tirava un po’. Pomicino era simpaticissimo. Altro di loro non sapevo. Del resto, nemmeno voi: erano pressoché sconosciuti.

Sono qui da quasi esattamente quarant’anni. Da allora, come dice il replicante di Blade Runner: “Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi…”

In altre parole, non me la fate. Non venitemi a dire che non ho capito niente.

L’Italia da parte sua non capisce – rifiuta di capire – di essere uno dei Paesi più importanti del mondo. È ricca, è avanzata in tutto ciò che conta, è sorprendentemente forte, è perfino temuto ma voi non lo sapete.

Non vi dice niente che i migranti che arrivano in mare dalla Libia rischiano una terribile morte – sapendo di farlo – pur di arrivare qui.

È difficile dire esattamente quanti Paesi esistono sul globo, a volte non è chiaro cos’è un paese e cosa no. Diciamo tra i duecento e i duecentoventi. Non li avete visti. Moltissimi sono dei bubboni sulla faccia della terra, governati da bande criminali davanti alle quali la ‘ndrangheta sembra la Corte dei Conti.

È facile sentirsi superiori al Terzo Mondo, o comunque lo si chiami oggi per non ricordare cos’è.

Da corrispondente nei Balcani, ridevo per come davano la colpa delle cose inspiegabili alle manovre “degli italiani”. Erano le stesse cose — sempre molto improbabili — che sentivo in Italia della Cia americana. Fate paura ai vicini e neanche lo sapete. I croati e i serbi ce l’hanno con voi e neanche gli date la soddisfazione di sapere che lo sapete.

L’Italia è una potenza – anche geopolitica e militare – che conta molto. Ha un Pil superiore a quello russo, una qualità di vita secondo qualsiasi metro superiore a quella inglese, una cultura più ricca e fresca della Germania. Nel mondo pesa sicuramente più della Francia, seppure per i motivi sbagliati…

Mentre la Francia, in termini di spessore internazionale, deve arrangiarsi con l’export (in calo) dello champagne e dei suoi “cento formaggi”, di un’azienda petrolifera dal nome vagamente ridicolo di Elf Aquitaine e di una linea aerea internazionale che fa pena non meno di Alitalia, l’Italia è il centro che amministra un miliardo di credenti cattolici; che ha dato a ogni lingua del mondo la parola “mafia” — perché è proprio roba vostra, ovunque — che decide cos’è il bello attraverso il controllo creativo sulla moda mondiale e che propone la “seconda cucina” per una serata al ristorante in ogni altro paese del globo.

Dove credete che vadano i cinesi quando non vogliono andare “dal cinese”?

Si chiama “soft power”, e gli italiani lo possiedono come forse solo gli americani con Mickey Mouse, l’iPhone e l’hamburger o gli inglesi con la Regina e la lingua—se la lingua inglese è ancora loro.

Dove non va bene è nel potere formale, cioè, lo Stato. Ed è solo colpa vostra. Negli ultimi decenni di prosperità – a mio modo di vedere, forse voi volete spiegarlo diversamente – c’è stato una sorta di accordo non scritto con la classe politica e l’amministrazione pubblica: rubate quello che dovete, siate pigri, incapaci e incompetenti se non riuscite a fare di meglio; in cambio vi lasceremo stare finché lasciate stare noi.

Siccome costa ammetterlo, forse mi crederete se dico che l’accordo – inelegante quanto volete – ha funzionato. L’Italia è nei fatti sostanzialmente più libera oggi degli Usa e lo è sicuramente di più dell’Inghilterra. Ci si vive meglio. È così, anche se non corrisponde al comune modo di pensare.

Ora però scricchiola quel patto di “non belligeranza” tra il popolo italiano e i suoi governanti. È, senza tanti giri di parole, un lusso che non potete più permettervi. I soldi sono finiti, lo sapete perfettamente. È ora che l’accordo vada rinegoziato.

Il primo passo è quello di rendervi conto che siete importanti, che l’Italia è importante, conta, e pertanto ha nel mondo i suoi obblighi. Che non è più accettabile la straordinaria mediocrità che il Paese per consuetudine ammette al comando—dello Stato, ma anche delle altre sue istituzioni e dell’economia.

Vivo qui da molto, ma non pretendo di avere penetrato ogni mistero della mente italiana. Una cosa che so però è che — destra o sinistra, su o giù, credente o ateo — pesa l’obbligo sociale, il debito non con la banca o con Equitalia, ma quello umano, con le persone, il debito di ospitalità se vogliamo.

Ogni italiano ha una sorta di sua contabilità “virtuale” in testa, al bar sa se un altro ha dovuto offrire troppe volte il caffè; piuttosto di non fare il regalo agli sposini figli di chi ha già fatto un regalo per le sue nozze, salterebbe senza pensarci la bolletta Enel.

Bene, avete accettato troppi caffè. È ora di ripagare la tanta ospitalità avuta, anzitutto rendendovi conto che quello che il Paese fa e pensa è importante per il mondo, se non per voi. Tutto il resto ne discende.

Datevi una mossa, per Dio! O fate finta di non vedere la cassiera?



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