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La lezione americana per le piccole e medie imprese italiane

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Milleseicento miliardi di dollari. In euro, il valore del PIL italiano. A livello Mondo a tanto ammonterebbe il deficit di finanza sofferto dal complesso delle piccole e medie imprese. La stima è in uno studio recente dell’Institute of International Finance, l’autorevole think-tank finanziario basato a Washington.

Dall’IIF all’OCSE alle principali case di consulenza sono numerose e qualificate le voci che si levano per analizzare gli scenari delle piccole e medie imprese, del loro ruolo strategico per la ripresa economica e dei loro problemi finanziari. Quello che un tempo era un tema molto italiano o, al massimo, europeo oggi è divenuto un argomento globale di confronto. Ed è curioso, nel pendolo della storia, osservare come alcune possibili soluzioni ai problemi europei e italiani delle PMI, specie sotto il profilo finanziario, vengano oggi proprio dall’esperienza americana.

Secondo un’interessante ricostruzione compiuta da AFME-Finance for Europe e da Boston Consulting negli USA le piccole e medie imprese sono 28 milioni, sei milioni più che in Europa, ed esprimono il 49 per cento dell’occupazione e il 46 per cento del valore aggiunto. Anche in America le PMI contano e sono oggetto di un’attenta politica di sostegno che è sviluppata attraverso due veicoli a cui si guarda con interesse in Europa: la US Small Business Administration (SBA), un organismo pubblico che centralizza tutto il supporto statale alle PMI nella forma di crediti agevolati e garanzie, e le Small Business Investment Companies (SBICs), operatori di venture capital che raccolgono fondi privati a beneficio delle piccole imprese facendo leva sui meccanismi pubblici di garanzia originati dalla SBA. Il sistema americano piace perché è semplice e integrato. Attraverso una efficace partnership tra pubblico e privato che coinvolge anche le banche è un sistema capace di dare spessore alla connessione tra piccole imprese e mercato dei capitali.

I numeri parlano. La finanza non bancaria a sostegno delle PMI ha negli USA un ammontare doppio di quello registrato in Europa. Circa 690 miliardi contro 330 miliardi di euro. L’Europa recupera dal lato dei prestiti bancari alle piccole imprese che in termini di stock sono il triplo di quelli americani. Ma lì è il problema. Perché le nuove regole su capitale, leva e liquidità vanno inevitabilmente a generare lo spostamento di una parte del processo di intermediazione dalle banche ai mercati. È un riequilibrio strutturale ampiamente già in atto che spiega perché, pur avviata la ripresa dell’economia, a marzo di quest’anno siano ancora undici su diciannove i paesi dell’area euro dove i prestiti bancari alle società non finanziarie diminuiscono rispetto ad un anno fa.

Con la loro capacità di creare lavoro le PMI sono chiamate a spingere la ripresa europea. Per farlo hanno bisogno di fare investimenti e, quindi, di ottenere adeguati finanziamenti. La lezione americana è che le PMI possono attingere una quota rilevante di risorse dal mercato dei capitali superando così i limiti dell’offerta bancaria.

Occorre, però, superare le frammentazioni dentro e tra i singoli sistemi europei e lavorare alla realizzazione di una vera “Capital Market Union”. Questo implica anche promuovere, dal lato delle imprese come da quello degli investitori, una migliore educazione finanziaria, a partire da una piena consapevolezza degli incentivi a volte poco conosciuti per diversificare le fonti di finanziamento e, soprattutto, per irrobustire i patrimoni delle imprese.

Globali e locali. Privati e pubblici. Accanto al venture capital e alle garanzie pubbliche, in America gli investimenti di amici e parenti nel capitale e nei finanziamenti delle PMI ammontano a ben 370 miliardi di euro, un terzo del totale. In Italia, dati della Relazione annuale della Banca d’Italia, nel biennio 2013-14 l’aumento del patrimonio delle imprese ha raggiunto i 44 miliardi. Finanza innovativa, supporto pubblico e capitalismo di prossimità possono lavorare insieme per sostenere le piccole e medie imprese in un percorso di durevole rilancio delle economie. Nel Mondo e in Italia.

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