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L’Antonelli

Laura Antonelli è morta. Ed è, secondo la retorica di questi casi, morta “ingiustamente dimenticata”. Eppure, se l’Istat avesse incluso una domanda per censire i sogni erotici dei maschi italiani, lei sarebbe stata certamente la regina sexy del paniere statistico.

Laura Antonelli è morta e dispiace. E’ stata donna e attrice dotata di un fascino e di una femminilità che l’hanno resa un’icona dell’immaginario maschile e non solo. Le sue curve, morbide, erano una variante di quelle della Valentina di Crepax. E come Valentina, Laura ha dato qualcosa al mondo femminile. Ha sparso una polvere magica di sensualità di cui ogni altra donna si è impossessata. A cui ha dovuto riferirsi.

La sua indole si adattava benissimo per rappresentare tutto quello spaccato della provincia italiana che viveva e vive di corna, adulteri e di tutto quel coacervo di passioni che sono, poi, il sale della vita. E’ stata la protagonista ideale di quella provincia irrequieta e sorniona che Piero Chiara ha saputo sapidamente descrivere nei suoi racconti e che oggi è raccontata, malamente, solo dalle fiction.

A dimenticarla non sono stati certamente gli italiani, semmai il mondo della televisione e del cinema, troppo fintamente perbenisti. La sindrome dell’amuchina. Meglio ridare un film come “Io la conoscevo bene” di Pietrangeli, in cui ci s’inventa una brutta storia, che raccontare una storia vera sperando di inventarne un diverso finale.

A dimenticarla non sono stati certamente gli italiani. No, noi maschi in ogni donna speriamo di trovare un po’ di Laura Antonelli, quella resistenza di chi, in un miscuglio inspiegabile di infantile sensualità, è pronto a cedere e ad assecondarci.

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