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Le donne nel mercato del lavoro italiano

Donne italiane, noi non abbiamo paura:alimentiamo la responsabilità per la politica e il comando.

ATTO PRIMO

Passata la tempesta delle  elezioni regionali facciamo il punto sulla presenza femminile sia sul mercato del lavoro che nei consigli regionali, partendo da una considerazione oggettiva: le donne in politica sono veramente pochine, quelle che  vogliono lavorare ci sarebbero ma fanno una gran fatica a entrare e rimanere nel mercato del lavoro soprattutto se tengono famiglia, il jobs act, diciamocelo, rispetto alla stesura della delega, nel decreto non ha apportato significativi strumenti per incentivare e sostenere l’occupabilità femminile e la conciliazione.

Quindi rimbocchiamoci le maniche e facciamoci una programma. Di Governo. Cominciamo dai dati sulle elezioni regionali con una evidente presa d’atto: le due giovanotte renziane candidate governatrici in Veneto e Liguria sono state clamorosamente sconfitte, e  le candidate governatrici nelle 7 regioni andate al voto erano comunque in un numero bassino.

In Veneto 2 signore su 7 signori, in Liguria 3 su 8, in Toscana 0 su 6, in Umbria 1 su 7 , nelle Marche 0 su 5 , in Puglia 2 su 7, in Campania 1 su 6. Nei nuovi consigli regionali abbiamo una presenza femminile molto molto  modesta: Veneto 12 consigliere su 49, Liguria 5 su 30, Toscana 11 su 40 in Umbria 3 su 20, nelle Marche 6 su 30, in puglia 5 su 49 in Campania 11 su 45 .  Vedremo nei consigli comunali quando avremo i dati definitivi. Ma non c’è da stare molto allegre.

E’ evidente che bisogna proseguire, come abbiamo da tempo auspicato come gruppo di associazioni “Democrazia paritaria” per  estendere una normativa per assicurare la parità nelle elezioni anche regionali poiché non esiste una omogeneità nelle liste essendo diversi gli statuti,così come nei cda delle società partecipate.

Vediamo ora la situazione nel mercato del lavoro con una lettura per genere. Istat certifica che ad aprile 2015 il numero di occupati e occupate aumenta rispetto a marzo sia per la componente maschile (+0,6%) sia per quella femminile (+0,9%). Il tasso di occupazione maschile, pari al 64,8%, cresce di 0,3 punti percentuali, mentre quello femminile, pari al 47,6%, cresce di 0,4 punti (sempre troppo poco).

La disoccupazione diminuisce nell’ultimo mese sia tra gli uomini (-1,0%) sia tra le donne (-1,6%). Lo stesso andamento si osserva per i tassi di disoccupazione: per quello maschile, pari all’11,9%, si registra un calo di 0,2 punti percentuali; per quello femminile, pari al 12,9%, il calo è pari a 0,3 punti (sempre troppo). Il calo del numero di inattivi nell’ultimo mese ha interessato sia la componente maschile (-0,8%) sia quella femminile (-0,7%). Anche per il tasso di inattività si è registrato un calo sia tra gli uomini (-0,2 punti percentuali) sia tra le donne (-0,3 punti).

In termini tendenziali, tra gli uomini si osserva un aumento del tasso di occupazione (+0,4 punti percentuali) a fronte di un calo del tasso di inattività (-0,5 punti), mentre il tasso di disoccupazione resta stabile. Per la componente femminile, la crescita del tasso di occupazione (+1,0 punti) si accompagna al calo sia del tasso di disoccupazione (-0,4 punti) sia del tasso di inattività (-0,9 punti). Dunque nel primo trimestre 2015, ininterrotta da quattro trimestri, prosegue la crescita del numero di occupati su base annua (133 mila unità, +0,6%).

L’aumento dell’occupazione riguarda entrambe le componenti di genere (77 mila gli uomini e 55 mila le donne, in entrambi i casi +0,6%) e tutte le ripartizioni territoriali, in particolare il Nord (+0,6%, 71 mila unità) e il Mezzogiorno (+0,8%, 47 mila unità); in quest’ultima ripartizione oltre la metà della crescita interessa le donne (+1,3%, 27 mila).

Nel primo trimestre 2015, l’incremento dell’occupazione riguarda sia gli italiani (+50 mila unità) sia gli stranieri (+83 mila unità); tra questi ultimi, l’occupazione cresce soprattutto per gli uomini nel Centro-nord e per le donne nel Mezzogiorno. Il tasso di occupazione degli uomini sale al 64,2% (+0,4 punti percentuali) e aumenta in tutte le aree del Paese; quello femminile raggiunge il 46,8% (+0,3 punti), ma l’incremento interessa esclusivamente il Nord e il Mezzogiorno.

I DISOCCUPATI, LE DISOCCUPATE

Nel primo trimestre 2015 le persone in cerca di occupazione sono 3 milioni 302 mila, in calo tendenziale di 145 mila unità (-4,2%), dopo quattordici trimestri di crescita ininterrotta. La riduzione dei disoccupati interessa sia gli uomini sia le donne, riguarda il Nord (-54 mila unità, -4,5%) e, soprattutto, il Mezzogiorno (-96 mila unità, -6,0%); il lieve aumento nel Centro è dovuto alle donne.

La riduzione della disoccupazione coinvolge quasi esclusivamente gli italiani (-142 mila unità su base annua), mentre tra gli stranieri i disoccupati diminuiscono tra gli uomini e aumentano tra le donne.

Nel primo trimestre 2015 il tasso di disoccupazione, cresciuto ininterrottamente dal terzo trimestre 2011, scende al 13,0% (-0,6 punti percentuali in confronto a un anno prima); la riduzione riguarda sia gli uomini sia le donne (-0,5 e -0,6 punti percentuali, rispettivamente).

GLI INATTIVI, LE INATTIVE

Nel primo trimestre 2015 prosegue il calo tendenziale del numero di inattivi tra 15 e 64 anni (-0,4%, -51 mila unità), ininterrotto da cinque trimestri. Tale riduzione, diffusa sia tra gli uomini sia tra le donne, è dovuta soltanto alle persone con più di 54 anni a fronte della crescita di inattivi sia tra i 15-34enni sia tra i 35-54enni, in quest’ultimo caso soprattutto uomini. Nel primo trimestre 2015 il tasso di inattività della popolazione tra 15 e 64 anni si attesta al 36,1%, invariato rispetto a un anno prima. Alla leggera riduzione dell’indicatore per gli uomini (-0,1 punti percentuali) si accompagna la stabilità di quello delle donne. Una occhiata anche alla situazione contrattuale.

Dai dati del Ministero del lavoro (SISCO) nel mese di marzo 2015 il numero di attivazioni di nuovi contratti di lavoro è pari a 641.572, in aumento rispetto ai 620mila circa dello stesso mese del 2014. Contestualmente, però, il numero di cessazioni di rapporti di lavoro è pari a 549.273, in leggero calo rispetto ai 558.366 dello stesso periodo dello scorso anno. Il saldo è quindi positivo di 92.299 unità.Dei nuovi contratti di lavoro, 162.498 (il 25,3% del totale, rispetto al 17,5% dello stesso periodo dell’anno scorso) sono a tempo indeterminato (a marzo 2014 erano stati 108.647), 381.234 sono a tempo determinato (in calo rispetto ai 395 del marzo dello scorso anno), 16.844 sono contratti di apprendistato (21mila nel 2014), 36.460 sono collaborazioni (48.491 nel 2014) e 44.536 sono altre forme contrattuali.

DIFFERENZE DI GENERE

Tra i 162.498 contratti a tempo indeterminato attivati a marzo, 103.380 riguardano uomini e 59.118 donne. Differenze di genere sostanziali anche per i rapporti a tempo determinato: 231.563 uomini e 149.671 donne. L’apprendistato ha riguardato 9.495 uomini e 7.349 donne, mentre le collaborazioni 14.707 uomini e 21.753. Nel mese di marzo 2015 sono state 40.034 le trasformazioni di rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato, erano 22.116 nello stesso periodo del 2014.

Una carrellata anche sulle Dimissioni del 2014:  nel 2014 il numero complessivo delle dimissioni volontarie dei lavoratori padri e madri /risoluzioni consensuali, convalidate dalla Direzioni del lavoro territoriali e quindi avvenute in sede “protetta” è stato pari a 26.333 con un incremento dell’11/27% sul 2013. Nella maggior parte dei casi 22.489 le dimissioni/risoluzioni hanno interessato le madri lavoratrici,mentre il numero dei padri è molto basso, 3.853.A prova del fatto che ,in media, è la ex lavoratrice a rinunciare al lavoro per accudire i figli. Infatti  le dimissioni  delle madri sono in crescita di circa il 5,6% rispetto al 2013. E’ evidente che la situazione femminile del mercato del lavoro italiano ha bisogno di una iniziativa forte e chiara.

Nell’ATTO SECONDO  le nostre proposte di governo: dalla parte delle donne e del lavoro.



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