“Un tasso di sconto a zero, o meno, non ha senso economico”, scrive la Banca Mondiale nel suo ultimo Global Economic prospects, mentre discorre dei tanti benefici, e degli altrettanti malefici, cui l’economia deve far fronte nell’epoca dello Zero Lower Bound.
Tempo estraneo alla storia, come la stessa Banca Mondiale sottolinea, rammentando che neanche nei terribili anni ’30 i tassi a breve scesero in territorio negativo, e solo di tanto in tanto, nelle vicende successive è capitato che sulle scadenze brevi i tassi siano diventati negativi.
Stavolta invece la storia ha bussato alla nostra porta. Una grande quantità di paesi, e segnatamente in Europa, pagano tassi negativi sui loro bond pubblici nelle scadenze medio-brevi e questa tendenza, ammesso che mai finirà, potrebbe impattare notevolmente sui nostri costumi economici. Anzi, sulla costituente stessa della nostra economia.
Quest’ultima si basa su un principio assai semplice: la relazione fra il tempo e il tasso di interesse. Per questo la Banca Mondiale scrive che un tasso di sconto zero non ha senso economico.
Qualcuno potrebbe pensare che sto facendo filosofia. Ma non c’è nulla di più concreto della matematica finanziaria a dimostrare che non è così.
Tutte le relazioni economiche che prevedono il dare e il prendere a prestito, dalle quali poi dipendono molte variabili macroeconomiche, si basano sulla matematica finanziaria. E in tutte le formule della matematica finanziaria, che calcolano montanti, sconto, valori attuali, il tasso di interesse è ciò che collega il capitale al tempo, determinando l’ammontare del primo al variare del secondo.
Ciò vuol dire che se il tasso di interesse si annulla, si annulla anche il tempo. Rimane solo il capitale, eterno, costante e congelato in un non luogo economico. Un’entità priva di senso.
Un esempio aiuterà a chiarire.
Mettiamo di avere un debito da diecimila euro che scade fra un anno. Il debitore decide di liberarsi di questo debito, quindi corre in banca e chiede al suo intermediario di calcolare il valore attuale del suo debito, ossia il valore che oggi ha il suo debito, non quello che avrà fra un anno, ossia diecimila euro.
Per calcolare il nostro valore attuale, il nostro banchiere deve usare la formula del valore attuale commerciale, che dice che il valore attuale di un capitale è uguale al capitale finale moltiplicato la differenza fra 100 e il prodotto del tasso per il tempo, il tutto diviso 100. Per gli amanti delle formule, potremmo scriverla così:
VA = [C (100 – rt)]/ 100.
Nel nostro esempio t è uguale a uno, mentre r, nell’età dello Zero Lower Bound, è praticamente zero. Azzerandosi il prodotto fra tempo e tasso, l’operazione produce che il valore attuale del capitale futuro è uguale al capitale futuro. Quindi se volessi estinguere il mio debito oggi pagherei la stessa somma che pagherei fra un anno.
Voi che fareste?
Capite bene che tale circostanza ha conseguenze sul modo con il quale ognuno di noi concepisce le relazioni economiche. Se non ho nessun vantaggio a pagare anticipatamente i miei debiti, perché mai dovrei farlo?
Se dal nostro microlivello economico andiamo a vedere il comportamento di alcuni intermediari, il discorso ha ulteriori implicazioni.
La Banca mondiale parla di “anomalie nella valutazione dei rendimenti e dei flussi dei pagamenti”, utilizzando una formulazione invero astrusa per sottolineare un problema terribilmente concreto.
“Quando il tasso di interesse si avvicina a zero – sottolinea – il calcolo del valore attuale di un flusso di pagamenti diventa sempre più sensibile al tasso di sconto. Infatti il valore attuale di un qualunque flusso di pagamenti può diventare arbitrariamente grande scegliendo un tasso di sconto basso abbastanza”. Al limite zero che abbiamo visto il valore attuale coincide col capitale futuro.
Ciò può generare “contenziosi di negoziazione sul fair value di un regolamento legale. E poiché un tasso zero o inferiore non ha senso economico, un prolungato periodo di tassi di interessi negativi potrebbe creare grandi ambiguità nella valutazione degli asset o dei debiti”.
Problema concretissimo, quindi.
Pensate agli assicuratori. Cosa sarebbe dei loro requisiti patrimoniali se calcolassero il valore attuale dei loro debiti utilizzando un tasso zero?
Semplicemente scoprirebbero oggi di avere un sacco di debiti in più, e ciò potrebbe rendere necessario, ai fini regolamentari, di aumentare i propri requisiti di solvibilità.
Ciò spiega bene perché i regolatori abbiano già sollevato diversi allarmi sul settore assicurativo europeo.
Ma l’evoluzione più sorprendente dell’epoca dello zero lower bound forse dobbiamo ancora scoprirla.