Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori, pubblichiamo l’intervista di Goffredo Pistelli a Claudio Velardi uscita sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi
Lunedì scorso, chiamato a Sky a commentare la direzione del Pd, Claudio Velardi, ondeggiava sulla poltroncina assegnatagli in un crescendo di indignazione per le dichiarazioni che il dalemiano Alfredo D’Attorre andava facendo, in aperta critica a Matteo Renzi. Lui, che fu dalemiano, tanto da essere uno dei collaboratori di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi, 15 anni dopo, perde la pazienza per il tatticismo della sinistra dem, che cerca di capitalizzare il mezzo passo falso del premier alle regionali.
Tanto da tuittare indignato, all’indirizzo del segretario Pd: «Ma chi cazzo te lo fa fare di sprecare energie con questi qui? Vattene a dormire, domani devi lavorare».
Velardi, tutti contro Renzi.
Il punto è che stanno venendo avanti le conseguenze dell’unico errore che Renzi ha fatto in questo anno e mezzo di governo.
Vale a dire?
La rottura del Patto del Nazareno, con l’elezione di Sergio Mattarella.
Lei lo sostenne, anche all’epoca, un po’ in controtendenza, essendo considerata, quell’elezione, un capolavoro del premier.
E invece fu un errore. È cambiato il clima, si è creato un diverso ecoambiente nella politica italiana. Nel 2014, alle europee, Renzi fece il pieno di consensi, fondando su quel risultato tutta la sua azione successiva.
E vinse grazie a quell’accordo.
Quell’accordo era, per molti, la garanzia che non ci sarebbe stato un scivolamento a sinistra di Renzi. Su di lui si coagulò infatti il consenso di quegli Italiani a cui fa schifo una certa sinistra.
E cioè?
Cioè quella sinistra che non ama la società in cui vive, rancorosoa, mossa dall’invidia sociale, amante delle burocrazie, pronta a brandire i diritti acquisiti. Insomma tutti quei sentimenti che sono nemici del futuro e che albergano prevalentemente nella sinistra più conservatrice. In più, quell’accordo realizzava un’altra condizioni interessante: Silvio Berlusconi era scomparso, non contava più: zero.
Invece, ora è tornato?
Non solo è tornato sulla scena ma Renzi s’è ripiegato nel dibattitto interno alla sinistra stesso. Guardi quello che le sto dicendo si è visto molto bene in Veneto.
Anche se tutti dicono che il problema è stato la candidatura sbagliata.
Sì, Alessandra Moretti era debole, ma il Veneto, una terra che da sempre detesta quella certa sinistra, alle europee aveva dato a Renzi il 40%, perché vedeva in lui la possibilità di un rinnovamento e il suo essere contro quella pezzo d’Italia. Era disposto a perdonargli persino quel suo dirsi di sinistra: «Vabbè, fai la parte, ma noi ti votiamo lo stesso».
Ora il Cavaliere si è rafforzato.
Intendiamoci, un rafforzamento relativo, ma che permette a tutte le anime sparse del centrodestra di cacciare la testa fuori. Certi voti al Senato, sono figli di questo stato d’animo.
Quei movimenti centristi che hanno mandato sotto l’esecutivo…
Esatto. Prima che succedeva? Come cacciavano la testa fuori, lui gli assestava un ceffone e quelli si riaccucciavano subito. Ora avvertono il cambiamento di clima e riapriranno la competizione.
Con quali conseguenze?
Quel mondo refrattario a ogni idea di cambiamento che le ho descritto prima, quel pezzo d’Italia impaurita trova oggi trova protezione nella magistratura, che difende se stessa, i suoi privilegi, ma anche i vecchi assetti sociali e di potere. Lei mi trovi una sola presa di posizione della magistratura che affronti in maniera seria il mondo che cambia: da Uber alla pensioni, difendono sempre il vecchio status quo.
Intendeva dire sentenze?
No, di sentenze se ne fanno molto poche, come sappiamo bene. Mi riferivo proprio alle prese di posizioni, di singoli magistrati o di associazioni.
Già ma loro applicano le leggi.
La magistratura lavora sulle norme ma le leggi si interpretano, si vivono nel mondo che cambia. Se il mondo diventa digitale, non puoi fare le cose che fai con Uber. Se c’è una crisi economica come quella attuale, non puoi intervenire come fa la Consulta sulle pensioni.
Ma poi intervengono anche sulla corruzione e il malaffare.
E tornano a diventare di nuovo i paladini dei cittadini. Renzi è l’opposto. Nasce come avversario delle rendite e del vecchio. Per questo ora gli sono di nuovo tutti contro.
In effetti, anche fra le righe della vicenda romana, si può leggere una marcata avversione a Renzi.
Il risultato elettorale e l’inchiesta romana hanno dato l’idea ai suoi molti nemici, che Renzi possa anche cadere. Anzi, Ignazio Marino non c’entra ormai più nulla: far cadere Roma, oggi, potrebbe voler dire dare un grande scossone al premier. Per questo la manifestazione di Roma dell’altro giorno, con i grillini insieme a Casapound a chiedere lo scioglimento del Comune, ha riunificato idealmente tutti gli avversari di Renzi, dai giornaloni, alla Cassa depositi e prestiti, alla magistratura.
E Renzi cosa può fare, Velardi? Parrebbe poter imbarcare in maggioranza i post-nazareni di Dennis Verdini.
Sì ma Verdini può servire a non far cadere il governo ma con lui non si fanno accordi di sistema come poteva essere con Berlusconi. Guardi, si fa prima a vedere cosa Renzi non possa fare.
Diciamolo.
Non può più minacciare lo scioglimento delle Camere. Se lo minaccia ancora, sarà considerato un debole. Se lo deve fare, lo faccia.
Anche col Consultellum?
Anche con questo Porcellum rivisto che abbiamo. Ma non mi parrebbe la soluzione.
E investire sul Pd?
Certo. Ma non ci crede, come tutti i politici di razza sa che il partito è un giochetto di natura organizzativa, ci conta poco. Certo, ci vorrebbe un partito più aggressivo.
E invece?
I suoi dirigenti sono sempre un passo indietro, un po’ paraculi, mi permetta, un po’ opportunisti. Renzi se la prende coi magistrati, con la burocrazia, coi sindacati e, l’indomani, arriva un abatino dei suoi a dire che va contestualizzato, che c’è da capire, che non voleva dire proprio così. Qualcuno che rallenta e frena.
Cosa occorrerebbe?
L’esatto contrario. Una pattuglia di gladiatori, gente coi coglioni, mi scusi ancora.
Si figuri…
Gente come Roberto Giachetti. Ma che ce ne vorrebbero dieci. Insomma, lui è il capo del Governo, non può sempre star lì a tirar mazzate, non può essere sempre e continuamente il Rottamatore. Dovrebbero essere loro all’attacco, un passo avanti. Gli insegnanti protestano? Loro gli rispondono per le rime, duramente. Dando a lui la possibilità, semmai, di riequilibrare, di smussare, di mediare.
E cos’altro ancora?
Accelerare con le riforme. Faccia qualcosa davvero di rottura sulla giustizia. Non si illuda di mediare sulla scuola: la peggior sinistra alberga lì, in quel mondo. Come è illusorio inseguire Matteo Salvini sugli immigrati.
E cioè?
E cioè Renzi, su un problema come quello, enorme e drammatico, come diceva in questi giorni anche il Financial Times, e che evidentemente non si risolve con le sciocchezze che dice il leader leghista, Renzi, dicevo, deve andare oltre: essere di sinistra sugli immigrati e essere di destra sulla sicurezza dei cittadini.
Opzione difficile.
Certo, ma un tempo il renzismo offriva spunti sempre originali. E invece, spesso, come fa un certo Pd, viene spinto, su questi temi, verso posizioni scontate: «Noi siamo dalla parte degli immigrati».
Correttivi alla comunicazione, come ha detto lui stesso nella direzione di lunedì scorso.
Correttivi significativi, anche se il renzismo non può essere sempre una marcia trionfale: se vuol essere una rivoluzione, qualche contrasto, anche duro, lo deve trovare. Correttivi da prendere in fretta, perché se i ballottaggi andassero male, domenica, la situazione peggiorerebbe.
Lei è pessimista su Venezia, l’ha scritto in un tweet.
Con un candidato come Felice Casson sono quasi certo che perderà. E può darsi che perda a Matera, così come Arezzo è in bilico. Se dovesse succedere, quell’ecoambiente di cui parlavo prima potrebbe allargarsi, quel clima potrebbe diventare più pesante.
La cosa si fa urgente.
Gli occorre una nuova classe dirigente per far fronte all’ondata propagandista di tutti suoi avversari uniti assieme.
Lei l’altro giorno, gli suggeriva Maria Elena Boschi come guida del partito.
Ha dimostrato assolute capacità di governo, mediazione, carisma. E in un partito sfasciato come il Pd, quello serve: il carisma. Uno che deve andare mettere ordine a Napoli e in Sicilia deve essere carismatico. Un Lorenzo Guerini non può bastare.
E la ministra delle Riforme basterebbe?
Almeno con lei davanti, quelli non si metterebbero le mani nel naso. Per dire insomma, cosa l’aspetta in periferia.
L’altro giorno Peppino Caldarola suggeriva Andrea Orlando, che sarebbe un modo di dare un segnale anche alla sinistra interna.
Guardi, quello è l’unico motivo per cui il ministro della Giustizia non andrebbe bene, per il resto sono d’accordo: è giovane, preparato, intelligente ed è sempre stato leale con Renzi. Insomma ci vogliano figure che abbiano un profilo loro, che sappiano stare un passo avanti, con un chiaro mandato.
L’alternativa?
L’alternativa sarebbe sbaraccarlo del tutto, questo partito. Ma non si può fare, è pur sempre il luogo dove si fanno le liste e altre liturgie. E allora lo utilizzi, questo Pd.
Insomma non più Renzi, come «one man show»?
Lui è anche un po’ stanco e la fase eroica dell’assalto ai palazzi del potere è finita. Deve cominciare a dialogare e, per governare, deve creare un struttura, con più poli, e il partito può essere uno di questi, a certe condizioni.
Un Pd rottamatore?
Un Pd più rottamatore di Renzi, il Rottamatore.