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Pensioni, il rimborsino della discordia

Riceviamo e pubblichiamo

Rabbia e delusione sul d.l. 65/2015 del Governo Renzi. Il d.l. in esame disattende, anzi calpesta, lettera e spirito della sentenza 70/2015 della Corte costituzionale in materia di indicizzazione delle pensioni in godimento nel biennio 2012 e 2013, infatti:

1) conferma, per le pensioni oltre 6 volte il minimo INPS, il blocco completo della indicizzazione delle pensioni in questione per il biennio 2012-2013, blocco giudicato incostituzionale dalla Corte;

2) non perequa correttamente, al contrario di quanto indicato dalla sentenza citata, neppure le pensioni tra 3 e 6 volte il minimo INPS, cioè secondo i meccanismi di cui alle leggi 448/1998 e 388/2000 (rivalutazione al 100% dell’indice ISTAT per le pensioni fino a 3 volte il minimo INPS; al 90% tra 3 e 5 volte il minimo; al 75% per gli importi oltre 5 volte il minimo);

3) anche  la rivalutazione riconosciuta per il biennio 2012-2013 per una quota-parte soltanto dei soggetti aventi diritto, ma ridotta a livello di “mancia indecorosa”, non costituisce, nella sua interezza, la base su cui calcolare la perequazione per gli anni successivi, ma viene computata solo al 20%, negli anni 2014 e 2015, ed al 50% a partire dal 2016.

Con le premesse anzidette, qualora il d.l. 65/2015 venisse convertito in legge, dovrebbe essere impugnato immediatamente per gli stessi profili di illegittimità costituzionale già riconosciuti in capo all’art. 24, c. 25, della legge Fornero (L.214/2011), che aveva previsto  la perequazione, nel 2012 e 2013, solo per le pensioni di importo fino a 3 volte il minimo INPS.

Per quanto riguarda invece la tanto dibattuta questione dell’ipotesi del ricalcolo delle pensioni retributive in godimento per applicare ad esse, ora per allora, il meccanismo di calcolo contributivo, occorre considerare:

  • che se le pensioni contributive future paiono di importo troppo modesto, nulla vieta di modificare i relativi meccanismi di rivalutazione annuale dei contributi in fase di accumulo, nonché i coefficienti di trasformazione finali;
  • che, a parte i profili di legittimità, costituzionalità e credibilità connessi al ricalcolo di una pensione già sacralizzata con decreto in base alla corretta applicazione della normativa in vigore, coloro che ritengono “troppo vantaggiose” le pensioni retributive in essere devono altresì prendere atto che una pensione retributiva di 9-10 anni di età ha già perso attorno al 20-25% del potere reale d’acquisto (per il combinato disposto della ripetuta mancata o ridotta indicizzazione e per il coincidente accresciuto carico fiscale), tale per cui il tasso di sostituzione (rapporto tra rateo di pensione rispetto alla retribuzione al momento della cessazione), anche dell’80-85% in origine, si è già ridotto al 55-60% attuale, che è il tasso di sostituzione proprio delle pensioni contributive future a parità di contributi versati;
  • che, qualora una pensione retributiva avesse già 18-20 anni di età, essa avrebbe perso (per le ragioni anzidette) non meno del 40% del suo reale potere d’acquisto, portando il  relativo tasso di sostituzione al 50%, o addirittura al di sotto di tale percentuale;
  • che le pensioni retributive sono calcolate con il limite dei 40 anni massimi di contributi, ma tanti degli attuali pensionati hanno contribuito anche per 45-50 anni;
  • che, per un minimo di eguaglianza, tutte le pensioni retributive in godimento (non solo quelle oltre un certo importo) andrebbero ricalcolate, nella malaugurata ipotesi che si volesse seguire la “strada barbara” del ricalcolo, utilizzando l’apporto fornito, in qualità di “utile idiota” di storica memoria, dal “bocconiano” di turno.

Quindi nessuna paura o timidezza nel far fronte compatto, e con ogni mezzo, contro le aggressioni portate alle nostre pensioni (come a tutte le pensioni ugualmente meritate e non rubate), insulti ancor più odiosi se si considera che una buona responsabilità delle politiche antisociali ed anti-previdenziali oggi attuate in Italia derivano da decisioni assunte a Bruxelles, a Strasburgo, a  Berlino, sotto la supervisione della teutonica Angela Merkel, non solo dalla incapacità ed insipienza dei vara Renzi, Padoan, Poletti, Boeri, ecc.

Carlo Sizia, Comitato direttivo FEDER.S.P.eV.


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