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Perché la Cei non aderisce alla manifestazione anti gender

Niente adesione della Cei alla manifestazione del 20 giugno, indetta dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”, contro l’introduzione della teoria del gender nelle scuole. Beninteso, non è che i vescovi non ne condividano gli obiettivi, ma il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, è sempre stato contrario alle “adunate”, piuttosto è per un’azione culturale nella società.

LE PAROLE DI GALANTINO

Per Galantino, quindi c’è stato un “momento di confronto tra aggregazioni, movimenti, nuove comunità e associazioni” in merito alla manifestazione prevista il 20 giugno a piazza San Giovanni contro il ddl Cirinnà sulle unioni civili ed è emersa una “diversa valutazione, relativa solo alla modalità con la quale manifestare il proprio chiaro e condiviso dissenso” nei confronti sia della Cirinnà “sia di questa dittatura che si vuole imporre del pensiero unico, attraverso la ‘gender theory'”.  È questo anche perché non servono “i vescovi pilota”. Insomma la Chiesa italiana di oggi è diversa da quella di dieci anni fa, che su spinta del cardinale Ruini, aderì in prima persona al Familiy Day.

LA POSIZIONE DELLA CHIESA

La Chiesa comunque continua a ritenere dannosa sia la teoria del genere, che si vorrebbe imporre nelle scuole tramite il ddl Fedeli, sia il ddl Cirinnà sulle unioni civili. Galantino quindi dice in modo esplicito che i cattolici non alzano “la bandiera bianca”, non si arrendono alla proposta di legge Cirinnà e a chi vorrebbe equiparare, anche in Italia, il matrimonio ad altre forme di convivenza. La raccomandazione europea sulle famiglie gay non vuol dire “assolutamente adeguarsi o doversi adeguare o potersi adeguare”.

COSA SUCCEDE NEI MOVIMENTI

Nei fatti, questa mancata scesa in campo in modo diretto, rischia di depotenziare la manifestazione del 20 giugno. I movimenti ecclesiali se ne sono tirati fuori, solo i Neocatecumali dovrebbero essere presenti con una delegazione, e se qualche vescovo ci sarà lo farà solo a titolo personale. Dapprima doveva essere contro le unioni civili e il gender, poi il tema dei matrimoni è stato derubricato. Tra l’altro la scelta di San Giovanni, evocativa del Family Day, rischia di essere penalizzante, visto che quella piazza può contenere 500 mila persone. Una partecipazione limitata suonerebbe come un flop.

LA POSIZIONE DI PATRIARCA (PD)

“Il lavoro nelle Commissioni sta precedendo – dice il deputato PD, cattolico, Edoardo Patriarca – L’obiettivo deve essere arrivare a riconoscere più diritti alle unioni tra persone dello stesso sesso, senza che però questo nuovo istituto sia equiparato al matrimonio tra uomo e donna. Un modo per evitare che intervengano sull’argomento i tribunali o la Corte Costituzionale. Un lavoro discreto, senza troppo clamore”. Con Patriarca, la stragrande maggioranza dei parlamentari PD di estrazione cattolica. Insomma, una posizione intermedia, tra quella del Movimento Cinque Stelle che vuole un’equiparazione in toto, e quella di Area Popolare che punta a dare ai gay pochissimi diritti.

COSA PENSA BORGOMEO (AIART)

L’azione culturale di cui parla Galantino passa anche attraverso i mass media. Per Luca Borgomeo, presidente dell’associazione di telespettatori cattolici AIART, “c’è una pressione mediatica a favore delle unioni gay senza precedenti, e questo rischia di condizionare l’opinione pubblica. Soprattutto la TV pubblica eviti, quindi, di dare una visione parziale della realtà, evitando di mettere sullo stesso piano le famiglie fatte dall’unione tra un uomo e una donna e le unioni tra persone dello stesso sesso – continua Borgomeo – Questo vale per l’informazione, come per le fiction e per l’intrattenimento pomeridiano”.



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