Il FMI ha abbandonato i negoziati, rilevando che rimangono “importanti divergenze” con i greci e che un accordo è “ben lontano”. Anche i negoziatori greci, quindi, sono tornati ad Atene.
Sempre ieri, Juncker ha incontrato il primo ministro greco in quello che un diplomatico europeo ha definito “l’ultimo tentativo di rendere possibile un accordo”, riaffermando però che ciò può avvenire soltanto sulla base del documento del 3 giugno, rispetto al quale non sono ormai ipotizzabili che deviazioni marginali.
Ciò è quanto di più vicino si può immaginare a un ultimatum: diversamente dalla scorsa settimana, nessun appiglio viene più offerto al governo Tsipras per illudere il popolo greco che un accordo sia imminente. A questo punto, Tsipras è obbligato a prendere una decisione in tempi molto stretti, entro pochi giorni: l’accordo tecnico deve essere pronto in tempo per l’Eurogruppo del 18 giugno, e anche se ciò accadesse è possibile che i fondi non arrivino più in tempo per coprire le scadenze di fine mese.
Si preannuncia perciò una fine di settimana rovente per la Grecia, con il primo ministro ellenico ormai obbligato a far accettare alla sua maggioranza un accordo che una settimana fa aveva definito “assurdo”, o a imboccare invece la via dell’uscita dall’unione monetaria.
Oggi occorrerà essere cauti nell’interpretare le dichiarazioni di fonte governativa greca: la paura di un’intensificazione della corsa agli sportelli obbliga a diffondere messaggi tanto rassicuranti quanto privi di fondamento, come è sempre avvenuto nelle ultime settimane. Ad esempio, il ministro Flabouraris spera “che l’accordo intervenga molto presto, il 18 giugno” e ritiene che includerà un impegno all’alleggerimento del debito.