La Grecia non ci sta a prendersi la colpa del sempre più probabile fallimento delle trattative per la definizione del nuovo piano di salvataggio con le istituzioni creditrici (Ue-Fmi-Bce). Queste ultime non esitano a buttare la palla nel campo ellenico, chiedendo sempre nuove proposte, da esaminare preliminarmente a livello tecnico: occorre evitare ad ogni costo un faccia a faccia al livello politico sulla questione cruciale che preme alla Grecia, la ristrutturazione del debito.
Il Premier Alexis Tsipras sta cercando di ribaltare il gioco. Ieri ha fatto nuovamente salire la tensione affermando che “vogliono umiliare il governo greco”. Anzi, ha aggiunto che “l’ossessione dei creditori per un programma di tagli non può essere un errore, ha fini politici. I creditori stanno utilizzando i negoziati per dimostrare la loro forza, noi stiamo trattando in buona fede”. Per colmo, Tsipras è arrivato ad accusare il Fmi di avere una responsabilità “criminale” per la situazione in cui versa la Grecia.
Il riferimento alle responsabilità del Fondo suona alquanto strana, visto che di recente è stata proprio questa istituzione a sollecitare i creditori a fare un passo in avanti nella prospettiva di una ristrutturazione del debito greco. Ancor più curioso è il fatto che i funzionari del Fondo, non più di un paio di settimane fa, hanno manifestato insoddisfazione per i mancati progressi, abbandonando il tavolo delle trattative, senza aggiungere altro. Forse, non sono soli i greci a fare melina.
Sorge il dubbio che il vero stallo delle trattative non riguardi l’inconciliabilità delle posizioni della Grecia da una parte, che chiede un ammorbidimento delle condizioni, e della Germania dall’altra, che vede il Ministro delle Finanze Wolfang Schaeuble nettamente contrario. La rottura potrebbe trovarsi all’interno del Gruppo dei creditori. Se Tsipras accusa il Fmi di responsabilità “criminale” per la condizione della Grecia, probabilmente è perché sa quanto fu sofferta la decisione del Board del Fondo, assunta il 9 maggio del 2010, e vuole far emergere la forzatura che fu compiuta allora, magari per favorire le banche francesi che erano fortemente esposte verso la Grecia. Numerosi componenti del Board del Fmi espressero perplessità per un programma di aiuti troppo ottimistico per quanto riguardava la ripresa di Atene, in mancanza di una ristrutturazione del debito con la partecipazione onerosa dei debitori (PSI). L’allora Direttore del Fondo, il francese Dominique Strauss Kahn, si adoperò per il varo del primo programma di salvataggio, forse anche temendo che uno spill over del default di Atene sarebbe stato drammatico per le banche francesi che avevano aumentato i propri investimenti di portafoglio in Grecia dai 10,4 miliardi di dollari nel 2001 agli 82,4 miliardi di dollari del 2009. Intanto, il debito estero greco era quasi triplicato, passando dai 143 miliardi di euro del 2002 (di cui 81 miliardi di debito pubblico) ai 416 miliardi di fine 2009 (di cui 229 miliardi di debito pubblico).
Con il primo pacchetto di aiuti, nel maggio 2010, i Paesi dell’Eurozona misero insieme 80 miliardi di euro, ed 30 altri li aggiunse il Fmi: le banche estere creditrici erano salve. Neppure un anno dopo, però, si dovette mettere mano alla scarsella: altri 130 miliardi di euro. Si effettuò allora la conversione del debito pubblico greco, che passò così dai privati alla Troika, con una penalizzazione per i bond holders, il cosiddetto haircut, che portava il rapporto debito/pil dal 170,3% al 157,2%. A fine 2013, a causa della caduta del Pil, era già risalito al 173,8%: la ristrutturazione era stata del tutto inutile per la Grecia, ma aveva smarcato i creditori privati. Vista la diversa percentuale tra la contribuzione al Fondo Salva Stati e l’esposizione bancaria verso la Grecia, la Francia ha ridotto ad un terzo il proprio rischio, mentre la Germania alla metà. L’Italia, invece, ha un rischio pari al doppio della esposizione del 2009.
La ristrutturazione del debito greco andava fatta subito. Invece, gli Stati europei si sono sostituiti ai creditori privati, ed alcuni hanno pure approfittato della solidarietà a danno di altri. Tsipras lo sa, e lancia la palla in aria.